Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/280

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PARTE 197

     Per domar me, conventi vincer pria:
     5Il mio amato tesoro in terra trova,
     Che m’è nascosto, ond’io son sì mendico,
     E ’l cor saggio pudico,
     Ove suol’albergar la vita mia:
     Et s’egli è ver che tua potentia sia
     10Nel ciel sì grande, come si ragiona,
     E nell’abisso: (perchè qui fra noi
     Quel che tu vali, e puoi,
     Credo che ’l senta ogni gentil persona)
     Ritoglia a Morte quel ch’ella n’à tolto;
     15Et ripon le tue insegne nel bel volto.
Riponi entro ’l bel viso il vivo lume
     Ch’era mia scorta; e la soave fiamma
     Ch’anchor, lasso, m’infiamma
     Essendo spenta; or che fea dunque ardendo?
     20E’ non si vide mai cervo, nè damma
     Con tal desio cercar fonte, nè fiume;
     Qual’io il dolce costume
     Ond’ho già molto amaro; et più n’attendo;
     Se ben me stesso, e mia vaghezza intendo:
     25Che mi fa vaneggiar sol del pensero,
     E gir in parte ove la strada manca;
     E con la mente stanca
     Cosa seguir che mai giugner non spero.
     Or’al tuo richiamar venir non degno:
     30Che signoria non hai fuor del tuo regno.
Fammi sentir de quell’aura gentile
     Di fuor, siccome dentro ancor si sente;
     La qual’era possente
     Cantando d’acquetar gli sdegni e l’ire;
     35Di serenar la tempestosa mente,
     E sgombra d’ogni nebbia oscura, e vile,
     Ed alzava ’l mio stile
     Sovra di sè, dov’or non poria gire.
     Agguaglia la speranza col desire;