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TRIONFO


DEL TEMPO



De l’aureo albergo co l’aurora inanzi
     Sì ratto usciva ’l sol cinto di raggi,
     Che detto avresti: - e’ si corcò pur dianzi. -
Alzato un poco, come fanno i saggi
     5Guardoss’intorno, et a se stesso disse:
     - Che pensi? omai convien che più cura aggi.
Ecco, s’un che famoso in terra visse,
     De la sua fama per morir non esce,
     Che sarà de la legge che ’l Ciel fisse?
10E se fama mortal morendo cresce,
     Che spegner si devea in breve, veggio
     Nostra eccellenzia al fine; onde m’incresce.
Che più s’aspetta? o che puote esser peggio?
     Che più nel ciel ho io che ’n terra un uomo,
     15A cui esser egual per grazia cheggio?
Quattro cavai con quanto studio como,
     Pasco nell’oceano e sprono e sferzo,
     E pur la fama d’un mortal non domo!
Ingiuria da corruccio e non da scherzo,
     20Avenir questo a me, s’ i’ fossi in cielo
     Non dirò primo, ma secondo, o terzo!
Or conven che s’accenda ogni mio zelo,
     Sì ch’al mio volo l’ira addoppi i vanni,
     Ch’io porto invidia agli uomini, e nol celo;
25De’ quali io veggio alcun dopo mille anni
     E mille e mille, più chiari che ’n vita,
     Et io m’avanzo di perpetui affanni.
Tal son qual era anzi che stabilita
     Fusse la terra, dì e notte rotando
     30Per la strada ritonda ch’è infinita. -