Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/400

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TRIONFO DEL TEMPO 317

Poi che questo ebbe detto, disdegnando
     Riprese il corso più veloce assai,
     Che falcon d’alto a sua preda volando:
Più, dico; né pensier poria già mai
     35Seguir suo volo; non che lingua, o stile;
     Tal, che con gran paura il rimirai.
Allor tenn’io il viver nostro a vile
     Per la mirabil sua velocitate,
     Via più ch’innanzi nol tenea gentile.
40E parvemi mirabil vanitate
     Fermar in cose il cor che ’l tempo preme;
     Che mentre più le stringi, son passate.
Però chi di suo stato cura, o teme,
     Provveggia ben, mentr’è l’arbitrio intero,
     45Fondar in loco stabile sua speme.
Ché quant’io vidi ’l Tempo andar leggiero
     Dopo la guida sua che mai non posa,
     Io nol dirò, perché poter non spero.
I’ vidi ’l ghiaccio, e lì presso la rosa,
     50Quasi in un punto il gran freddo e ’l gran caldo,
     Che pur udendo par mirabil cosa.
Ma chi ben mira col giudicio saldo,
     Vedrà esser così; ché nol vid’io?
     Di che contra me stesso or mi riscaldo.
55Seguì già le speranze, e ’l van desio:
     Or’ho dinanzi a gli occhi un chiaro specchio
     Ov’io veggio me stesso, e ’l fallir mio:
E quanto posso, al fine m’apparecchio,
     Pensando al breve viver mio, nel quale
     60Sta mane era un fanciullo, ed or son vecchio.
Che più d’un giorno è la vita mortale
     Nubilo, breve, freddo, e pien di noja;
     Che può bella parer, ma nulla vale?
Qui l’umana speranza, e qui la gioia:
     65Qu’i miseri mortali alzan la testa;
     E nessun sa quando si viva, o moia.