Veggio or la fuga del mio viver presta,
Anzi di tutti, e nel fuggir del sole
La ruina del mondo manifesta. 70Or vi riconfortate in vostre fole,
Gioveni, e misurate il tempo largo!
Ma piaga antiveduta assai men dole.
Forse che ’ndarno mie parole spargo;
Ma io v’annunzio che voi sete offesi 75Da un grave e mortifero letargo,
Ché volan l’ore, e’ giorni, e gli anni, e’ mesi;
Insieme, con brevissimo intervallo,
Tutti avemo a cercar altri paesi.
Non fate contra ’l vero al core un callo, 80Come sete usi, anzi volgete gli occhi
Mentre emendar si pote il vostro fallo;
Non aspettate che la morte scocchi,
Come fa la più parte, ché per certo
Infinita è la schiera degli sciocchi. 85Poi ch’ i’ ebbi veduto e veggio aperto
Il volar e ’l fuggir del gran pianeta,
Ond’io ho danni et inganni assai sofferto,
Vidi una gente andarsen queta queta,
Senza temer di Tempo o di sua rabbia, 90Ché gli avea in guardia istorico o poeta.
Di lor par che più d’altri invidia s’abbia,
Che per se stessi son levati a volo
Uscendo for della comune gabbia.
Contra costor colui che splende solo 95S’apparecchiava con maggiore sforzo
E riprendeva un più spedito volo;
A’ suoi corsier radoppiato era l’orzo;
E la reina di ch’io sopra dissi
D’alcun de’ suoi già volea far divorzo. 100Udi’ dir, non so a chi, ma ’l detto scrissi:
- In questi umani, a dir proprio, ligustri,
Di cieca oblivïon che ’scuri abissi!