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N.° IX. le sfere omocentriche, ecc. 51

Pontico già sapeva, esser possibile di spiegare i fenomeni nel modo che fu poi adottato da Copernico, e Aristarco aveva proposto formalmente la stessa ipotesi. Altri invece presero a coltivare la teoria degli epicicli, fra questi Apollonio da Perga, e dopo Apollonio, Ipparco. Malgrado questa concorrenza di opinioni, pare che le sfere di Eudosso fino ai tempi d’Archimede, cioè fino alla fine del terzo secolo avanti Cristo, tenessero il principato non solo nelle scuole aristoteliche, ma anche presso gli astronomi. A questa conclusione mi conducono alcune parole di Archimede nell’Arenario, alle quali non sembra che finora siasi prestata molta attenzione. «La maggior parte degli astronomi, dic’egli, suole chiamare mondo una sfera, di cui il centro è il centro della Terra, e il raggio è uguale alla retta condotta fra il centro del Sole e il centro della Terra»1. Questi astronomi, secondo i quali il Sole era ai confini del mondo, non potevano certamente essere nè i Pitagorici coi loro eccentri mobili, nè Apollonio co’ suoi epicicli, nè infine Aristarco. Ma potevano essere appunto i fautori delle sfere d’Eudosso e di Callippo. Perchè Eudosso avea notizia soltanto delle distanze della Luna e del Sole, e sapeva che questo era circa nove volte più lontano di quella. Rispetto alle distanze degli altri pianeti (che generalmente in quel tempo da tutti erano collocati sopra il Sole), nulla vi era di determinato, ed è probabilissimo che, per non supporre intervalli inutili, dei quali non si vedeva alcuno scopo, le sfere motrici di quelli si supponessero vicinissime coincidenti fra loro, poste sopra il Sole a piccolissima distanza, e vicinissime pure alla sfera limite del mondo, cioè a quella delle stelle fisse, dalle quali i cinque pianeti non si distinguevano che per la varietà dei movimenti. Nè il grado di universalità, che Archimede attribuisce all’opinione da lui riferita, ad alcun’altra opinione meglio si attaglia, che a quella delle sfere, in un’epoca, in cui le scuole peripatetiche erano in grandissimo onore.

Combinando poi questa deduzione con quanto gli antichi scrittori ci narrano delle sfere artificiali costruite da Archimede, si potrebbe forse con qualche apparenza di probabilità argomentare, che tali sfere artificiali fossero costruite dietro i principj del sistema di Eudosso e di Callippo. Questo sistema infatti era allora sufficientemente elaborato nelle sue parti per servire ad una imitazione materiale; ciò che non sembra si possa dire degli altri sistemi meno universalmente diffusi nelle scuole. Inoltre è da notare, che il sistema delle sfere omocentriche, per la sua elegante simmetria, sembra fatto apposta per esser tradotto in ingegnosi e semplici meccanismi coll’arte della sferopea, siccome chi ha meditato alquanto sulla struttura di quel sistema può agevolmente riconoscere. Queste sono però semplici congetture, che pongo in mezzo come argomento di ulteriori investigazioni.

Più tardi, le diversità di splendore occorrenti in Marte ed in Venere, e, la constatata variazione dei diametri apparenti del Sole e della Luna, avendo reso inutile ogni sforzo per evitare nel sistema dell’Universo l’irregolarità e la asimmetria proveniente da movimenti eccentrici, la parte geometrica e più interessante del sistema delle sfere dovette cedere all’evidenza dei fenomeni, e cominciò il trionfo degli epicicli. Le scuole aristoteliche allora non avevano ancora chiuso l’occhio e l’orecchio al linguaggio della natura, ed i loro dogmi non si erano ancora cristallizzati sul modello dello Stagirita e de’ suoi commentatori. Vediamo quindi Sosigene stesso, uno dei Peripatetici, riconoscere come ulteriormente inammissibile la rigorosa simmetria dell’Universo intorno al centro; e non meno lealmente vediamo più tardi confessata la stessa cosa da Simplicio. Quei nobili filosofi, accogliendo la verità quale risultava dall’osservazione empirica (esempio troppo poco imitato da certi moderni capiscuola), tenta-


  1. Vedi l’Arenario nell’Archimede di Torelli, p. 319.