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Pagina:Leila (Fogazzaro).djvu/285

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SANTE ALLEANZE 273

la casa: dotòr! Sior Checco! Sior Checco! Dotòr! Criticata l’opera della cuoca circa un baccalà che stava preparando, e istruitala secondo i proprii gusti, rientrò in casa, vociferò alla sua volta: «Momi, Momi! Son qua, son qua!» S’incontrarono, naso a naso, nel vestibolo.

«Male — male — eh male» borbottò il sior Momi, battendo molto le palpebre.

La ragazza non aveva voluto vederlo, la signora gli aveva fatto intendere che, se facesse valere il suo diritto di condursi la figliuola a casa, gli sarebbe accaduto di peggio. Il sior Momi si era visto costretto a permettere il viaggio. Aspettare — sperare — ripeteva il falso cretino, colla sua voce di palato, col suo muso di vecchia cera dipinta stupidamente levato all’aria: — aspettare — sperare.

Il primo pensiero di Molesin, nell’apprendere ch’egli aveva permesso il viaggio colla Vayla, fu di dirgli: «Bravo el mamo.» Il secondo fu diverso. «Sì sì sì» diss’egli, come se non valesse la pena di turbarsi per quell’argomento. «Sentirì che bacalà! Merito mio.»