Pagina:Leila (Fogazzaro).djvu/461

Da Wikisource.

LA DAMA BIANCA DELLE ROSE 449

compagnò a Vicenza come li ho tutti ingannati recitando la commedia, con perfetta naturalezza e senza rimorsi.

E pure! E pure! E pure se immagino ch’Ella mi faccia Sua per sempre, penso che nessun credente adora e serve il Suo Dio come io saprei adorare e servire Lei. Scrissi che non ho più fede. Sono una creatura di passione e non di ragionamento. Non so farle un’analisi chiara dei miei sentimenti religiosi. Sono stata attaccata quanto ho potuto alla religione del collegio, benchè non mi fosse simpatica, perchè avevo paura del vuoto. Ella ricorderà forse la mia antipatia per le novità religiose, per le idee che mi parevano buone a distruggere e non a edificare. Finchè ho potuto sono stata per la religione dell’arciprete e del cappellano di Velo. Anche quella del signor Marcello e di donna Fedele non mi pareva pura. Parlavano troppo di Vangelo come se avessero il diritto d’interpretarlo essi, il Vangelo, mentre sapevo che i laici non hanno questo diritto. Mi dicevo: o tutto o niente. Finchè ho potuto accettai tutto. Poi, quando conobbi più da vicino e vidi in lega persone che incarnano il Tutto, l’arciprete, il cappellano, la sorella dell’arciprete, mio padre, un certo Molesin, amico di mio padre, non seppi resistere e mi dissi: meglio niente.

Ma il Niente non mi soddisfa e domando una fede a Lei, felice ch’Ella si sia liberato dalle Sue credenze antiche, dalle Sue idee di rinnovamento cattolico. Le domando un Dio che io possa adorare nei boschi di Dasio, nel burrone della cascata, sulle onde del lago, in una camera nuziale; che non m’imponga mediatori ufficiali; che mi domandi solamente amore e mi proibisca solamente odio; che non mi torturi l’intelligenza con dogmi incomprensibili, non mi annoi con pratiche