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FUSI E FILA 59

villino delle Rose, fumava la pipa, scamiciato, sulla porta. All’avvicinarsi di don Aurelio gli voltò le spalle, entrò nell’osteria, dicendo abbastanza forte:

«Porci di preti, buttano un moribondo in strada e poi vanno a vedere se è crepato.»

E sputò con disprezzo. Don Aurelio mosse difilato alla volta dell’uomo, lo affrontò.

«Galantuomo» diss’egli.

Colui, stupefatto, si levò la pipa di bocca.

«Mezzo litro, reverendo?»

«Dov’è» chiese don Aurelio con piglio risoluto «il moribondo che ho buttato in istrada?»

«Ah, l’uomo delle Bibbie, neh?» rispose l’oste, pacifico. «Scusi se ho detto quella cosa. Non la ho detta per Lei. Del resto, per me, meglio i preti che quel Bibbia lì. È qui, è qui. Lo ha trovato la donna sulla strada, mezzo morto. Ma non ci sta mica, sa. Se l’è per quello, stia tranquillo, el dica, che se non va via con i piedi suoi, lo faccio andare cont’i miei, di piedi. Eh? Se prima ho parlato male, parlo mica bene, adesso, forsi? Buon giorno, giovinotti!»

Entrava nell’osteria una frotta di alpini assetati. L’oste li accolse fregandosi le mani: «buon giorno, buon giorno! Rampicanti! Rampicanti sempreverdi!»

Intanto don Aurelio era svoltato nel cortile a fianco dell’osteria, onde venivano grida femminili quasi angosciose. A due passi dal letamaio, sopra un vecchio carcame di sedia mal piantato nella fanghiglia nera, posava l’altro vecchio carcame di Carnesecca, mal sorretto dalla moglie dell’oste, che gridava: «Checa! Checa! Presto! presto!» con quanto fiato aveva in corpo. Don Aurelio si precipitò, rimise alla meglio in equilibrio il povero Carnesecca che rovinava da tutte le parti, smorto come un cencio lavato male; rimproverò la donna di non averlo portato in casa. La donna, un po’ gri-