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vita di leonardo da vinci vii

portiera, che si aveva a fare in Fiandra d’oro e di seta tessuta per mandare al re di Portogallo, un cartone d’Adamo e d’Eva, quando nel paradiso terrestre peccano: dove col pennello fece Lionardo di chiaro e scuro lumeggiato di biacca un prato di erbe infinite con alcuni animali, che in vero può dirsi che in diligenza e naturalità al mondo divino ingegno far non la possa sì simile. Quivi è il fico, oltra lo scortar delle foglie e le vedute de’ rami, condotto con tanto amore, che l’ingegno si smarrisce solo a pensare come un uomo possa avere tanta pacienza. Evvi ancora un palmizio che ha la rotondità delle ruote della palma lavorate con sì grande arte e maravigliosa, che altro che la pazienza e l’ingegno di Lionardo non lo poteva fare; la quale opera altrimenti non si fece, onde il cartone è oggi in Fiorenza nella felice casa del magnifico Ottaviano de’ Medici, donatogli non ha molto dal zio di Lionardo.1 Dicesi che ser Piero da Vinci, essendo alla villa, fu ricercato domesticamente da un suo contadino, il quale d’un fico da lui tagliato in sul podere aveva di sua mano fatto una rotella, che a Fiorenza gnene facesse dipignere: il che egli contentissimo fece, sendo molto pratico il villano nel pigliare uccelli e nelle pescagioni, e servendosi grandemente di lui ser Piero a questi esercizj. Laonde fattala condurre a Fiorenza, senza altrimenti dire a Lionardo di chi ella si fosse, lo ricercò che egli vi dipignesse suso qualche cosa. Lionardo arrecatosi un giorno tra le mani questa rotella, veggendola torta, mal lavorata e goffa, la dirizzò col fuoco; e datala a un tornitore, di rozza e goffa che ella era, la fece ridurre delicata e pari; ed appresso ingessatala ed acconciatala a modo suo, cominciò a pensare quello che vi si potesse dipignere su, che avesse a spaventare chi le venisse contra, rappresentando lo effetto stesso che la testa già di Medusa. Portò dunque Lionardo per questo effetto ad una sua stanza, dove non entrava se non egli solo, lucertole, ramarri, grilli, serpe, farfalle, locuste, nottole ed altre strane spezie di simili animali; dalla moltitudine de’ quali variamente adattata insieme cavò un animalaccio molto orribile e spaventoso, il quale avvelenava con l’alito e faceva l’aria di fuoco; e quello fece uscire d’una pietra scura e spezzata, buffando veleno dalla gola aperta, fuoco dagli occhi, e fumo dal naso sì stranamente, che pareva monstruosa ed orribile cosa affatto: e penò tanto a farla, che in quella stanza era il morbo degli animali morti troppo crudele, ma non sentito da Lionardo per il grande amore che portava all’arte. Finita questa opera, che più non era ricerca nè dal villano nè dal padre, Lionardo gli disse che ad ogni sua comodità mandasse per la rotella, che quanto a lui era finita. Andato dunque ser Piero una mattina alla stanza per la rotella, e picchiato alla porta, Lionardo gli aperse dicendo che aspettasse un poco; e ritornatosi nella stanza, acconciò la rotella al lume in sul leggio, ed assettò la finestra che facesse lume abbacinato; poi lo fece passar dentro a vederla. Ser Piero nel primo aspetto, non pensando alla cosa, subitamente si scosse, non credendo che quella fosse rotella,

  1. Questo cartone è smarrito.