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Pagina:Leonardo prosatore.djvu/293

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Alle quale parole la pietra, datosi pace, con pazienza stette forte al martire, e vide di sè nascere il maraviglioso foco, il quale, colla sua virtù, oprava in infinite cose.

Detta per quelli i quali spaventano ne’ prencipi delli studi, e poi che a loro medesimi si dispongano potere comandare, e dare con pazienzia opera continua a essi studi, di quelli si vede resultare cose di maravigliosa dimostrazione.


La farfalla e il lume. — Andando il dipinto parpaglione vagabundo, e discorrendo per la oscurata aria, li venne visto un lume, al quale subito si dirizzò, e, con vari circuii quello attorniando, forte si maravigliò di tanta splendida bellezza, e non istando contento solamente al vederlo, si mise innanzi per fare di quello, come delli odoriferi fiori fare solfa, e, dirizzato suo volo, con ardito animo passò presso ’lume, el quale gli consumò li stremi delle alie e gambe e altri ornamenti. E caduto a’ piè di quello, con ammirazione considerava esso caso donde intervenuto fussi, non li potendo entrare nell’animo che da sì bella cosa male o danno alcuno intervenire potessi, e, restaurato alquanto le mancate forze, riprese un altro volo, e, passato attraverso del corpo d’esso lume, cadde subito bruciato nell’olio, ch’esso lume notria, e restogli solamente tanta vita, che potè considerare la cagion del suo danno, dicendo a quello: Oh maledetta luce! Io mi credevo avere in te trovato la mia felicità, io piango indarno il mio matto desiderio, e con mio danno