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scogliosa e sta per approdare, in mezzo a forti ondate spumose, a una spiaggia piana su cui troneggia un mappamondo sormontato da un’aquila coronata, con l’ali spiegate, e circondata da raggi.

La barca ha la vela gonfia di vento propizio, e per albero maestro un vero albero frondoso, la cui ramificazione e forma di foglie fa pensare al gelso, l’impresa cara a Ludovico, perchè — dice il Giovio — «sapientissima omnium arborum, fiorisce stando per fuggire il gelo e le brine e fa frutto prestissimo, intendendo di dire che con la saviezza sua conosceva i tempi futuri, ma non conobbe già...»1.

Seduto a poppa sta un grosso peloso animale umanizzato nella movenza sì da rammentare lo scimmiotto. Tutto sommato, la bestia a cui s’avvicina di più è il lupo, ma non voglio nascondere che il muso è alquanto porcino.

Esso ha una zampa appoggiata su una specie di bussola-timone, e osserva attentamente, in atto di guidare la barca.

Un raggio intenso parte dal petto dell’aquila, attraversa la vela e l’albero, e cade sull’ago della bussola.

Il Berenson interpreta: l’aquila, l’Impero; il lupo, la Chiesa... e il resto, il più difficile, lascia, come fosse ovvio, alla facile fantasia del lettore.

Il disegno è riprodotto anche dal Braun, e il Müntz lesse sul globo la data 1516, data che lo assegnerebbe alla tarda vecchiezza di Leonardo.

Che in Francia, quando ormai il Moro era morto da ben otto anni, e già da sedici aveva perduto lo Stato, Leonardo pensasse a disegnare — come crede il Solmi — l’allegoria dello Stato milanese che, sorretto dal Moro (gelso), a sua volta guidato da cattivi consiglieri (lupo), va a frangersi contro la politica imperiale, mi par difficile ammettere, anche perchè la barca ha lasciato da un pezzo la riva ronchiosa, e ora sta per approdare, sia pure con un mare agitato, alla spiaggia piana.

Che questa allegoria fosse un omaggio alla memoria dello

  1. Op. cit., p. 24-25.