Pagina:Leonardo prosatore.djvu/365

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donna (un monaco, secondo il Müller Walde, ingannato forse dalla strana acconciatura della testa). Ella, con uno specchio in cui riflette l’imagine del sole, illumina una lotta d’animali ingaggiata ai suoi piedi. Questa lotta converge in un unico punto: un felino (forse un leone), è caduto sotto le zanne d’un drago alato che gli addenta un’orecchia. Ma a sua volta un lupo (?) azzanna il collo del drago. Entrambi, drago e lupo, (giova notarlo) voltano il dorso alle rovine.

A sinistra di chi esamina il disegno accorre un liocorno a soccorrere, pare, il caduto; e in lontananza, dalla stessa parte, sbuca dalle mura, correndo, un cinghiale.

A destra, in primo piano, volgendo il dorso a chi osserva, sta un altro felino, con la schiena inarcata, la coda ritta, e punta e soffia a muso basso contro il drago.

«Verità, sole», scrive Leonardo; e in certi medaglioni allegorici che sono presso a questa nota abbozza una donna alata che mostra uno specchio a un’altra figura allegorica1.

Nessun dubbio, quindi, che qui il sole rappresenti la Verità, e che la donna con lo specchio sia la Virtù o la Scienza. I raggi della Verità illuminano una lotta feroce, in cui Vincitore, ma a sua volta assalito, è un drago, e vittima un leone.

Verrebbe naturale di pensare a Carlo VIII vincitore del Re di Napoli, ma a sua volta assalito dagli Stati italiani con a capo Ludovico stesso (lupo), che primo di tutti iniziò una ferma reazione contro i Francesi. Nulla, però, ci autorizza seriamente a ritenere il drago simbolo della Francia, e il leone del Napoletano2.

Certo che il Moro, in quattro medaglie attribuite al Caradosso, volle celebrato il suo nuovo atteggiamento contro i Francesi, sotto il velo trasparente dell’allegoria3.

In quella dedicata al regno di Napoli un cavallo incoronato (Francia) s’impenna, e ha poste le zampe anteriori

  1. Cfr. Richter, p. 336.
  2. Per Leonardo, come per i suoi contemporanei, si noti, il drago moralmente era il simbolo della prudenza, e il leone della fortezza.
  3. Vedi A. Armand, Les medailleurs italiens, etc., Paris, Plon, 1883, II, p. 54-55.