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Pagina:Leone Duodecimo e Pio Ottavo (Baraldi).djvu/25

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questo operò, che molto di più dispose, meditò e col penetrator suo spirito già volgeva, e operava in mezzo a mille ostacoli, e in un pontificato breve, se mirisi alla misura del tempo, ma pieno per le grandi apostoliche imprese che il raccomandano alla venerazione della cristianità e alla riconoscenza de’ suoi sudditi1. Tutto questo va

  1. Penetrato da questa riconoscenza, che se l’ingratitudine ora piucchè mai tiranna degli uomini o non vuol conoscere abbastanza, o affetta di non rammentare, la posterità più giusta e più sincera tributerà a Leon XII., il chiarissimo Monsignor Maj nella sua preziosa collezione di scrittori greci tratti dalla Vaticana offerti al suddetto Pontefice, in una lettera dedicatoria col linguaggio non menzognero nè adulatorio de’ fatti celebra quel Pontefice, cujus erga bonas litteras, rectamque reipublicae administrationem infinita propemodum beneficia sunt. L’amor de’ suoi sudditi, e il desiderio di alleggerirne i pesi gli dettò parecchie leggi, che diminuivano i dazj, i tributi, non che l’imposta diretta: copiose largizioni si enumerano dal medesimo massime nella occasione del suo solenne possesso, e soccorsi dispensati a studenti, ad artisti, a nobili decaduti, ad ogni classe di persone, e ciò a un segno che temer poteva di privarsi dei mezzi stessi d’esser di più generoso, se non avesse cercato di risparmiar sopra se stesso, e di seguir la giusta massima di Cicerone optimum in republica vectigal esse parsimoniam. Beneficenze furono i cinque nuovi collegi introdotti per le scienze, la Congregazion degli studi già creata da Sisto V., e da Pio VII. designata, gli aumenti di cattedre, di professori, di stipendi, per cui il Maj nota che nella Università Romana ove prima impiegavansi 10,000 zecchini a 25,000 sotto di lui se ne portò la spesa: beneficenze il non intraprender mai ad esempio di Antonino Pio lunghi viaggi per le provincie, sempre dispendiosi pei popoli, e l’impedire o almeno limitare le publiche feste in onor suo: beneficenze i debiti rimessi a più provincie, le congrue accresciute a parrochi, le spese di non pochi da lui promossi ad insigni e meritati onori sostenute dal fisco sull’esempio celebrato cotanto degli Antonini e di Alessandro Severo: beneficenze, la giornaliera mensa a dodici pellegrini nel Palazzo Apostolico richiamata in vigore sull’esempio di S. Gregorio il Grande. E dopo tutto questo ben a ragione al Pontefice così si rivolge il lodato Scrittore. „Supersunt illa Pontificatus tui lumina quatuor: jubilaeus annus urbi, totique orbi propositus: basilicae divi Pauli imperata restitutio: latronum volscorum pestis deleta: sectarum arcanarum constitutione apostolica principalique decreto perculsa coitio.„ E riguardo alla terza delle accennate imprese che con affettata indifferenza si tace da molti, ascoltisi dal nostro autore come e quanto meriti la publica riconoscenza. „Cogitemus servile bellum a