Pagina:Leopardi, Giacomo – Canti, 1938 – BEIC 1857225.djvu/142

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136 canti


co’ tuoi piacevolmente, e che i derisi
195sogni rinnovellando, ai saggi insulta
fin la presente etá, che in conoscenza
ed in civil costume
sembra tutte avanzar; qual moto allora,
mortal prole infelice, o qual pensiero
200verso te finalmente il cor m’assale?
Non so se il riso o la pietá prevale.

     Come d’arbor cadendo un picciol pomo,
cui lá nel tardo autunno
maturitá senz’altra forza atterra,
205d’un popol di formiche i dolci alberghi,
cavati in molle gleba
con gran lavoro, e l’opre
e le ricchezze che adunate a prova
con lungo affaticar l’assidua gente
210avea provvidamente al tempo estivo,
schiaccia, diserta e copre
in un punto; cosí d’alto piombando,
dall’utero tonante
scagliata al ciel profondo,
215di ceneri e di pomici e di sassi
notte e ruina, infusa
di bollenti ruscelli,
o pel montano fianco
furiosa tra l’erba
220di liquefatti massi
e di metalli e d’infocata arena
scendendo immensa piena,
le cittadi che il mar lá su l’estremo
lido aspergea, confuse
225e infranse e ricoperse
in pochi istanti: onde su quelle or pasce
la capra, e cittá nove
sorgon dall’altra banda, a cui sgabello