Pagina:Leopardi, Giacomo – Canti, 1938 – BEIC 1857225.djvu/170

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164 appendice

     25e di frutta di mare empier la pelle.
Ma di tutte maggior, piena d’affanno,
alla vendetta delle cose belle
     sorge la voce di color che sanno,
e che insegnano altrui dentro ai confini
30che il Liri e un doppio mar battendo vanno.
     Palpa la coscia, ed i pagati crini
scompiglia in su la fronte, e con quel fiato
soave, onde attoscar suole i vicini,
     incontro al dolor mio dal labbro armato
35vibra d’alte sentenze acuti strali
il valoroso Elpidio; il qual beato
     dell’amor d’una dea che batter l’ali
vide giá dieci lustri, i suoi contenti
a gran ragione omai crede immortali.
     40Uso giá contra il ciel torcere i denti
finché piacque alla Francia; indi veduto
altra moda regnar, mutati i venti,
     alla pietá si volse, e conosciuto
il ver senz’altre scorte, arse di zelo,
45e d’empio a me dá nome e di perduto.
     E le giovani donne e l’evangelo
canta, e le vecchie abbraccia, e la mercede
di sua molta virtú spera nel cielo.
     Pende dal labbro suo con quella fede
50che il bimbo ha nel dottor, levando il muso
che caprin, per sua grazia, il ciel gli diede,
     Galerio, il buon garzon, che ognor deluso
cercò quel ch’ha di meglio il mondo rio;
che da Venere il fato avealo escluso.
     55Per sempre escluso: ed ei contento e pio,
loda i raggi del dí, loda la sorte
del gener nostro, e benedice Iddio.
     E canta, ed or le sale ed or la corte
empiendo d’armonia, suole in tal forma
60dilettando se stesso, altrui dar morte.