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Pagina:Leopardi, Giacomo – Canti, 1938 – BEIC 1857225.djvu/209

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dediche, notizie, annotazioni 203


Canzone Settima

[Alla Primavera]

I, 5. Credano il petto inerme
gli augelli al vento.

Se tu credi al Vocabolario della Crusca, non puoi «credere» cioè «fidare» altrui se non quel danaio che ti paresse di dare in prestito, voglio dire a usura, ché in altro modo è fuor di dubbio che non puoi, quando anche lo permetta il Vocabolario. Ma se credi agli ottimi scrittori latini e italiani, «crederai» cioè «fiderai » cosí la roba come la vita, l’onore e quante cose vorrai, non solamente alle persone, ma eziandio, se t’occorre, alle cose inanimate. Per ciò che spetta ai latini, domandane il Dizionario; o quello del Forcellini o quello del Gesner o di Roberto Stefano o del Calepino o del Mandosio o di chi ti pare. Per gl’italiani vaglia l’esempio seguente, ch’è dell’Alamanni1. «Tutto aver si convien, né men che quelli Ch’al tempestoso mar credon la vita». E quest’altro, ch’è del Poliziano2. «Né si credeva ancor la vita a’venti». E questo, ch’è del Guarini3. «Dunque a l’amante l’onestà credesti?» Al che l’autore medesimo fa quest’annotazione4. «Ripiglia acutamente Nicandro la parola di ‛credere’, ritorcendola in Amarilli con la forza d’un altro significato, che ottimamente gli serve; perciocché il verbo ‛credere’ nel suo volgare e comunissimo sentimento significa ‛dar fede’; e in questo l’usa Amarilli. Significa ancora ‛confidare sopra la fede’, sí come l’usano molte volte i Latini; e in questo l’usa Nicandro in significazione attiva, volendo dire: ‛Dunque confidasti tu in mano dell’amante la tua onestà?’» E forse il Molza ebbe la medesima intenzione de’ poeti sopraddetti usando il verbo «credere» in questo verso della Ninfa Tiberina5: «Troppo credi e commetti al torto lido».

  1. Coltiv., l. vi, v. 118.
  2. Stanze, l. i, st. 20.
  3. Past. Fido, At. iv, sc. 5, v. 101.
  4. P. F., Ven., app. G. B. Ciotti, 1602, p. 292.
  5. St. 30.