Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/313

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appendice 307

nostra. Sicché quel che vi è di vero si è che i soli animali ecc. che si conservino, si maturino, e che noi conosciamo sono quelli che capitano in luoghi dove possan vivere ecc. Ovvero che gli animali che non capitano ecc. non vivono ecc. Questo è il vero; ma questo non vale la pena di esser detto. Or cosí discorrete del sistema della natura, del mondo ecc. appresso a poco secondo le idee di Stratone da Lampsaco.

E il giorno dopo, commentando queste parole del Rousseau: «Homme, ne cherche plus l’auteur du mal; cet auteur c’est toi-même. Il n’existe point d’autre mal que celui que tu fais ou que tu souffres, et l’un et l’autre te vient de toi. Le mal general ne peut être que dans le désordre, et je vois dans le système du monde un ordre qui ne se dement point. Le mal particulier n’est que dans le sentimenit de l’être qui souffre; et ce sentiment l’homme ne l’a pas reçu de la Nature, il se l’est donnè. La douleur a peu de prise sur quiconque, ayant peu rèflèchi, n’a ni souvenir ni prevoyances. Ôtez-nous nos funestes progrès, ôtez nos erreurs et nos vices, ôtez l’ouvrage de l’homme, et tout est bien (Rousseau, Pensées, II, 200):

Anzi appunto l’ordine che è nel mondo, e il veder che il male è nell’ordine, che esso ordine non potrebbe star senza il male, rende l’esistenza di questo inconcepibile. Animali destinati per nutrimento d’altre specie; invidia ed odio ingenito de’ viventi verso i loro simili; altri mali anche piú gravi ed essenziali da me notati altrove nel sistema della natura ecc. Noi concepiamo piú facilmente de’ mali accidentali che regolari e ordinari. Se nel mondo vi fossero disordini, i mali sarebbero straordinari, accidentali; noi diremmo: l’opera della natura è imperfetta, come son quelle dell’uomo; non diremmo: è cattiva. L’autrice del mondo ci apparirebbe una ragione e una potenza limitata; niente maraviglia; poiché il mondo stesso (dal quale solo, che è l’effetto, noi argomentiamo Resistenza della causa) è limitato in ogni senso. Ma che epiteto dare a quella ragione e potenza che include il male nell’ordine, che fonda l’ordine nel male? Il disordine varrebbe assai meglio; esso è vario, mutabile; se oggi v’è del male, domani vi potrá esser del bene, esser tutto bene. Ma che sperare quando il male è ordinario? dico, in un ordine ove il male è essenziale?