Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
la scommessa di prometeo | 57 |
di legne: sull’orlo della quale, da un lato, si vedevano alcuni
con torchi accesi, in procinto di porle il fuoco; e da altro
lato, sopra un palco, una donna giovane, coperta di vesti
suntuosissime, e di ogni qualitá di ornamenti barbarici, la
quale danzando e vociferando, faceva segno di grandissima
allegrezza. Prometeo vedendo questo, immaginava seco stesso
una nuova Lucrezia o nuova Virginia, o qualche emulatrice
delle figliuole di Eretteo, delle Ifigenie, de’ Codri, de’ Menecei,
dei Curzi e dei Deci, che, seguitando la fede di qualche oracolo,
s’immolasse volontariamente per la sua patria. Intendendo
poi che la cagione del sacrificio della donna era la
morte del marito, pensò che quella, poco dissimile da Alceste,
volesse col prezzo di se medesima, ricomperare lo spirito di
colui. Ma saputo che ella non s’induceva ad abbruciarsi se
non perché questo si usava di fare dalle donne vedove della
sua sètta, e che aveva sempre portato odio al marito, e che
era ubbriaca, e che il morto, in cambio di risuscitare, aveva
a essere arso in quel medesimo fuoco; voltato subito il dosso
a quello spettacolo, prese la via dell’Europa; dove intanto che
andavano, ebbe col suo compagno questo colloquio.
Momo. Avresti tu pensato, quando rubavi con tuo grandissimo pericolo il fuoco dal cielo per comunicarlo agli uomini, che questi se ne prevarrebbero, quali per cuocersi l’un l’altro nelle pignatte, quali per abbruciarsi spontaneamente?
Prometeo. No per certo. Ma considera, caro Momo, che quelli che fino a ora abbiamo veduto, sono barbari: e dai barbari non si dèe far giudizio della natura degli uomini; ma bene dagl’inciviliti: ai quali andiamo al presente: e ho ferma opinione che tra loro vedremo e udremo cose e parole che ti paranno degne, non solamente di lode, ma di stupore.
Momo. Io per me non veggo, se gli uomini sono il piú perfetto genere dell’universo, come faccia di bisogno che sieno inciviliti perché non si abbrucino da se stessi, e non mangino i figliuoli propri: quando che gli altri animali sono tutti barbari, e ciò non ostante, nessuno si abbrucia a bello studio, fuorché la fenice, che non si trova; rarissimi si mangiano