Pagina:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu/239

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composto da am monio monaco 233

come quelli che di numero avevano grande vantaggio e bene erano esperti di guerra, in poca d’ora ebbono rotto e fugato i nostri; e perseguitandogli, n’uccisono infíno a centoquarantasette. Gli altri, parte correndo su per lo monte e parte appiattati infra gli arbori, providdono a loro scampo. E quelli ribaldi, predato le donne e i fanciulli, tenevangli quivi presso le fonti.

CAPITOLO DECIMO

E di subito sanza niuno indugio, come bestie salvatiche e indomite, vennono al castello nel quale noi eravamo, credendosi di trovare quivi molte ricchezze nascoste: e accerchiato il muro, schiamazzando e urlando per isconci modi, e in voci barbare minacciando, noi, per la istremitá del pericolo, venuti in grandissima ambascia e caduti d’animo, non sappiendo che ci fare, levavamo gli occhi a Dio e piagnevamo forte; e chi durava con grande cuore in quella stretta, chi piagneva, chi faccendo orazione rendeva grazie a Dio, chi sforzavasi d’innanimare il vicino, e tutti insieme con grandi voci gridavano: ’ Domine, miserere di noi ’. Qui levatosi su il nostro santissimo padre chiamato di nome Pagolo, il quale era da Petra, stando nel mezzo della congregazione, disse: ’ Ascoltate il mio parlare, padri e fratelli, il quale mi sono peccatore e minimo di tutti. Ben sapete che per amore di Giesú Cristo signore nostro siamo convenuti in questo diserto brutto e aspro, dipartendoci dalla vanita del mondo, a fare vita penitente e portare il giogo di Cristo, quantunque indegni e peccatori, in fame e sete e grandissima povertá e travaglio, dispregiando ogni utilitá e agiamento della vana e stolta vita, acciocché dovessimo avere luogo e parte nel regno d’esso Cristo. E per certo in questa medesima ora niente n’addiverrá che esso no ’l sappia e disponga. Adunque se egli ne vuole diliberare di questa vita misera e transitoria e levarne a stare con esso seco, molto debbiamocene rallegrare e ringraziarlo, e niente isconfortare, con