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238 il martirio de' santi padri

non mi die’ nelle mani de’ peccatori E dicendo questo, rendette l’anima a Dio; e morto ancora, fu percosso di molte piaghe per la persona. Questo monaco avea nome Sergio.

CAPITOLO DECIMOQUINTO

Sicché io queste cose veggendo, pregava il buono e pietoso Iddio che mi coprisse da quelli barbari, e loro accecasse per modo che essi non mi vedessono, acciò che io fussi salvo e dessi sepoltura ai corpi de’ santi uomini: i quali morendo sanza niuno contristamento, avevano piena la chiesa di sangue, godendo, e ringraziando Iddio, e tegnendo la mente rivolta inverso il cielo in esso Signore. E per questo modo, bene avendo retto la vita loro in sulla terra, come vivi templi di Dio altissimo, e lasciata ogni cosa temporale e corruttibile, e seguito solo Iddio, morirono di spada in diverse forme, e ora vivono colassi! in cielo mescolati ai cori degli angioli. Poiché i barbari si credettono avere ucciso tutti quanti, sperando trovare alcuna poca di roba, diedonsi a tastare per tutto, non sappiendo che quelli martiri niuno bene avevano in questa terra, con ciò sia cosa che ogni loro sustanzia fusse nell’altro mondo. E io veggendo questa cotale cosa, non restavami pure una gocciolina di sangue, ma giaceva quasi come morto, fermamente credendo che elli dovessono frugare in quelli rami di palme e cosí mi fussino per trovare. E tratto tratto piegando un cotal pocolino il capo tra li predetti rami, spiava quando venissono i barbari, veggendomi la morte davanti; e pregava Iddio che se a lui fusse piaciuto, che mi campasse. Vennono dunque i barbari anche colá, e veduto essere rami, nulla curandosene, tornarono addietro; imperciocché Iddio coperse loro gli occhi e la mente acciò che e’ non cercassono nel detto luogo. E da indi a poco, lasciato i corpi de’ Santi riversati in terra gli uni in sugli altri, ni una cosa avendo trovato che pigliare, tornaronsene alla fontane.