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38 pensieri - lvi-lix

che il mondo si contenta dell’apparenza. Aggiungasi, per farlo compiuto, che il mondo non si contenta mai, e spesso non si cura, e spesso è intollerantissimo della sostanza. Quell’antico si studiava piú d’esser uomo da bene, che di parere; ma il mondo ordina di parere uomo da bene e di non essere.

LVI.

La schiettezza allora può giovare, quando è usata ad arte, o quando, per la sua raritá, non l’è data fede.

LVII.

Gli uomini si vergognano, non delle ingiurie che fanno, ma di quelle che ricevono. Però ad ottenere che gl’ingiuriatori si vergognino, non v’è altra via, che di rendere loro il cambio.

LVIII.

I timidi non hanno meno amor proprio che gli arroganti; anzi piú, o vogliamo dire piú sensitivo; e perciò temono: e si guardano di non pungere gli altri, non per istima che ne facciano maggiore che gl’insolenti e gli arditi, ma per evitare d’esser punti essi, atteso l’estremo dolore che ricevono da ogni puntura.

LIX.

È cosa detta piú volte, che quanto decrescono negli stati le virtú solide, tanto crescono le apparenti. Pare che le lettere sieno soggette allo stesso fato, vedendo come, al tempo nostro, piú che va mancando, non posso dire l’uso, ma la memoria delle virtú dello stile, piú cresce il nitore delle stampe. Nessun libro classico fu stampato in altri tempi con quella eleganza che oggi si stampano le gazzette, e l’altre ciance politiche, fatte per durare un giorno: ma dell’arte dello scrivere non si conosce piú né s’intende appena il nome. E credo che