Pagina:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu/56

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50 pensieri - lxxxiii-lxxxiv

Ma accaduta che sia, o nel principio della vita, come in alcuni, ovvero piú tardi, e dopo altri amori di minore importanza, come pare che occorra piú spesse volte, certo all’uscire di un amor grande e passionato, l’uomo conosce giá mediocremente i suoi simili, fra i quali gli è convenuto aggirarsi con desiderii intensi, e con bisogni gravi e forse non provati innanzi; conosce ab esperto la natura delle passioni, poiché una di loro che arda, infiamma tutte l’altre; conosce la natura e il temperamento proprio; sa la misura delle proprie facoltá e delle proprie forze; e oramai può far giudizio se e quanto gli convenga sperare o disperare di sé, e, per quello che si può intendere del futuro, qual luogo gli sia destinato nel mondo. In fine la vita a’ suoi occhi ha un aspetto nuovo, giá mutata per lui di cosa udita in veduta e d’immaginata in reale; ed egli si sente in mezzo ad essa, forse non piú felice, ma per dir cosí, piú potente di prima, cioè piú atto a far uso di sé e degli altri.

LXXXIII.

Se quei pochi uomini di valor vero che cercano gloria, conoscessero ad uno ad uno tutti coloro onde è composto quel pubblico dal quale essi con mille estremi patimenti si sforzano di essere stimati, è credibile che si raffredderebbero molto nel loro proposito, e forse che l’abbandonerebbero. Se non che l’animo nostro non si può sottrarre al potere che ha nell’immaginazione il numero degli uomini: e si vede infinite volte che noi apprezziamo, anzi rispettiamo, non dico una moltitudine, ma dieci persone adunate in una stanza, ognuna delle quali da sé reputiamo di nessun conto.

LXXXIV.

Gesú Cristo fu il primo che distintamente additò agli uomini quel lodatore e precettore di tutte le virtú finte, detrattore e persecutore di tutte le vere; quell’avversario d’ogni grandezza intrinseca e veramente propria dell’uomo; derisore