Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/41

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12 EPISTOLA II 1U non avrei mai osato d’imaginarmi di vedere in esso parola «li me. Di gratissima sorpresa mi fu il ricevere la desiderata opera, ma nel però ancoro inoro speranze, ma fondate, al inio parere, sull’opera stessa ili cui si tratta. In quanto poi a essa opera, so l’intenzione si è di stamparla, avrà la medesima bisogno di un esame più maturo ili quello eho io abbia potuto fame. Alcune scorrezioni di stile potranno facilmente emendarsi. Altri nèi, provenienti dall’esscrsi l’autore trovato in una città mancante di buona libraria, si correggono egualmente con qualche poca fatica. Per esempio, in pili luoghi vien parlato dell’ionia di Eudocia Augusta conio d’una opera inedita, quando, come a tutti è noto, da trenta o più anni essa opera trovasi stampata in Italia. Cosi ancora sembra elio la Biblioteca greca del Fabrizio (della quale fa uso forse troppo frequonte per esser opera ohe trovasi fra lo mani di tutti), non gli sia nota che dall’antica edizione, mi ntre ora ne abbiamo una nuova, non por anco terminata, con moltissime aggiunto o correzioni del dotto Arlesio. Ma questi piccoli difetti, torno a dire, facilmente possono correggersi; eceono qui uno pili grande, e che richiede un rimedio di altra natura: Ella sa bene, mio caro amico, che ogni qual volta un antico uutoro vien riprodotto con nuova edizione, la prima questione del dotto pubblico è questa: che mezzi ha mai impiegati l’editore per darci un testo pili osatto possibile? Della versione latina, se si tratta di autore gioco, nessuno fa gran conto, lasciando ui raguzzi di fame il loro prò, so cosi vogliono. Oru, nella presente opera vedo il tosto di Porfirio lasciato intatto corno trovasi nell’antica edizione, con qualche c<.igliiot.turo, non sempre molto felice, qua e là nolle noto. So bene dio in Ricanati (sic) non vi sono codici, ma Roma, Firenze, Milano e Venezia 110 hanno molti, e forse, rispetto all’opuscolo di Porfirio, non ancora collazionati. Con poca spesa si potrebbe ottenere le varianti dei principali codici, scrivendo ai bibliotecari delle rispettive librario. In Germania si sta ora pubblicando una nuova edizicno critica di Plotino, e probabilmente vi andrà unita la vita di esso scritta da Porfirio che sarò collazionata dall’ab. Amuti su’ codici vaticani. Che rammnriuo non avrebbe il nostro valente Leopardi se quel Tedesco, in tanta lontananza d’ogni codice, dasse fuori un testo bollo corretto del suo autore, mentre egli stesso non ci avesse regalato elio una ristampa della primo scorretta edizione, con versione lutino, di cui nessuno si cura, e con ampi commentari, che pochi leggono. Sarebbe dunque da desiderarsi che il Sig.r Leopardi sospendesse ogni pensiore di stampare il suo libro finché egli possa procurarsi lo collaziono almeno di qualche codice buono di Porfirio, o, ciò che meglio sarebbe, finché possa venire a Roma, esaminare da sé i codici, consultar libri cho non s’incontrano nel suo paese, e vedere uomini dotti come lei, l’Ab. do Rossi e pochi nitri. Cosi darà uno edizione ilei la vita di Plot ino, non soltanto cho possa far onore od un giovine principiante, ma anche od un dotto consumato in questi studi. Tal ò la mio opinione, della quale però la prego di non far parte all’ottimo giovino, che solamente merita ogni lode ed incoraggiamento. Al di lui genitore bensf potrebbe Ella scrivere che farà bene d’inviar a Roma quel suo egregio figliuolo, acciocché egli stesso invigili all’edizione del suo libro, che in ogni caso sarebbe assai maltrattato se fosso abbandonato ad un correttore dozzinale, e peggio uncora se ad un libraio». L’Alcerblad, lamentando nel lovoro di Giacomo la mancata collaziona de’ codici principali, non potevo immaginare in quali angustie economiche vivesse allora la famiglia Leopardi; e che perciò la spesa della collazione stessa (non tanto modica) troppo gravando sul domestico bilancio, non sarebbe stata assolutamente conceduta dall’intransigente Adelaide. Comunque, parve bene