occhi, i quali stanno meglio che questa estate, ma non però bene,
e mostrano di voler tornare a stare assolutamente male in pri-
mavera. Questi miei nervi non mi lasciano più speranza; nè il
mangiar poco, nè il mangiar molto, nè il vino, nè l’acqua, nè
il passeggiare le mezze giornate, nè lo star sempre in riposo,
insomma nessuna dieta e nessun metodo mi giova. Non posso
fissare la mente in un pensiero serio per un solo minuto, senza
sentirmi muovere una convulsione interna, e senza che lo sto-
maco mi si turbi, la bocca mi divenga amara, e cose simili.
Questo vorrebbe dire che io non dovrei mai pensare a voi.
Nondimeno io ci penso e ci penserò in dispetto dello stomaco
e de’ nervi. Tenetemi ricordato e raccomandato al professor
Tommasini, che io non so se sia più amabile o più ammirabile.
Vedendo Orioli, favoritemi di salutarlo tanto a mio nome.
Quando io vegga la famiglia Pazzini, non mancherò di far seco
le parti che voi mi commettete. Finora non ho veduto veramente
che l’avvocato il quale ha favorito di venire a trovarmi. E con
lui e con altri molti si è parlato spesso e lungamente di cotesta
cara e impareggiabile famiglia. Tanti baci a Emilietto. Voglia-
temi sempre bene. Addio, addio.
Il vostro Leopardi.
1216. |
Di Antonio Fortunato Stella. |
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Signore ed amico amatiss.
Mentre mi dispiace sentire dalla cara sua 28 dello scorso ch’Ella
è stata in pena per me, io le ne sono assai grato, provenendo ciò dal
suo amore. Non sono stato veramente ammalato, ma per gli affetti
che turbarono il mio animo, fu lo stesso come se io lo fossi. In decem-
bre mia moglie ebbe l’infausta notizia della morte di sua madre, ed
ai primi dello scorso il mio Giacomino cadde a letto colpito da un’a-
cutissima gastrica che il pose sull’orlo del sepolcro. E già passato il
ventunesimo giorno, ed ora è fuori d’ogni pericolo, ma è obbligato
tuttora a letto. Veniamo a noi.