Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/151

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118 EPISTOLARIO diati1 che potessi sture tanto tempo senza scrivervi. Nella prima 1 vi piegava che non pensaste di me quello che con poco pericolo di sbagliare si pensa dei giovani, quando dicono di essere infelici; vi diceva che benché io abbia molti desiderii, nessuno ha potuto mai né potrà farmi infelice; che tale mi fa l’assenza della salute, che togliendomi lo studio, in Recanati mi toglie tutto: oltre al pensiero, che è stato sempre il mio carnefice, e sarà il mio distruttore s’io durerò in poter suo iu questa solitudine; vi descriveva la mia vita ohe da sette mesi in qua consiste iu passeggiare solitariamente, potendo appena fare un’ora di lettura al giorno; vi pregava che aveste per certissimo che io, stando come sto, non posso più divertirmi di quello che fo, che non mi diverto niente; aggiungeva che per essere stato alquanti giorni meglio della salute, era entrato in molta speranza di potermi rifare mutando vita, la quale non si muta perché questo non istà in me; facea qualche castello in aria sopra la vostra visita tanto desiderata; vi dicea qualche bagattella sopra i trecentisti; e vi compativa come fo nelle vostre brighe e noie, confortandovi ad aver pazienza. Nell’altra lettera 2 mi sforzava di placare la pietosa ira con cui mi avevate scritto il 27 Luglio, assicurandovi che io non sono ostinato, ma vi ubbidisco veramente, avendo passato sette mesi senza scrivere si può Hir niente, e con leggere più che pochissimo, ed essendo poca cosa l’aver dettata una lettera. In ultimo vi pregava, come vi prego anzi vi scongiuro e vi comando, di non v’affliggere in nessun modo per me, che volentieri sarei sempre afflitto perché voi foste sempre lieto.3 Quanto al mal presente, bisogna far grand’animo e sopportarlo; e quanto al danno che ne potrà venire, che ci s’ha a fare? Basta ch’io non ci avrò colpa. Vedete che non posso dire di esser sano; ma lieto mi sforzo di essere per amor vostro. Avrei sommo bisogno di distrazioni, ma non ne ho: oimè mi ridarebbero la salute e la vita. Intanto la tregua che m’hanno conceduta i miei incomodi non è stata breve. Voi state lieto e amatemi, ché cosi saio lieto ancor io. Alla dissertazione levo alcune cose, altre ne aggiungo, e la mando allo Spettatore. Ditemi se fo bene o male. Del Gampi rideremo. Non so come si possa strepitare essendo stato trattato cosi bene, s’abbia ragione o no. Che gente! Ristringiamoci tra noi, caro Giordani, che siamo ben pochi al mondo di buon cuore, e siete ben pochi di buona testa. Aspetto a braccia aperte il vostro Panegìrico, che mi deve essere stato spedito tre mesi fa. Un altro piego di libri speditomi da Milano 1 Degli 8 (n. 68). 2 Degli 11 (n. 69). 3 G. ha fin qui riassunto ¡1 contenuto dello due sue lettere, dall" copie che ne aveva conservate.