Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/270

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ANNO 1810 - LETTERE 101-163 235 Non dubito ch’egli sapendo, come sa, tutto questo, non abbia giudicato che l’umanità di V. S. bastasse a compensare questi difetti, e per tanto mi fo animo a seguitare il suo consiglio, massimamente ch’Ella, quando la mia piccolezza superi la sua cortesia, non potrà querelarsi di me che ho fatto il volere di un suo amico, e dovrà perdonarmi questo fastidio in riguardo dell’amicizia. E quanto al dono, V. S. farà quello che le piacerà. Ma se questo le riuscirà malgradito, e l’ingegno del donatore le parrà dispregevole, a ogni modo non vorrei ch’Ella rifiutasse il mio povero ossequio; anzi la prego fervidamente che si compiaccia d’avermi sempre per l’avvenire in conto di suo devotissimo obbligatissimo servo. 163. Al prof. Filippo Scoiassi. - Bologna-1 Recanati 19 Febbraio 1819. Stimatissimo Sig. Professore. Il mio nome sarà nuovo senza fallo a V. S., ma perché il suo non potrebbe arrivar nuovo a nessun italiano, por questo io, desiderando vivamente da molto tempo la sua conoscenza, alla fine mi sono indótto a scriverle, vincendo il timore e la ripugnanza che mi clava la cognizione della mia piccolezza, e sperando che la bontà, la quale so che in V. S. sta del pari colla dottrina, mi perdonerà e forse gradirà questa mia confidenza ch’è nata dalla considerazione della sua cortesia. Non nego, anzi confesso distintamente che ho sommo bisogno di questa sua cortesia perch’Ella non si rechi ad offesa la mia presunzione, giacché non ho avuto altro motivo d’infastidirla che le sue virtù e la fama singolare, segnatamente nelle lettere; in maniera che ni’ ha servito di sprone quello stesso che m’avrebbe dovuto ritenere. Ma s’io non ho saputo resistere al desiderio d’esser testimonio più speciale delle sue virtù, e godere dell’ingegno di V. S. più particolar1 Inedita: dall’autografo, nella Biblioteca comunale di Bologna. Nella lett. 144, p. 208, subito dopo il marchoso Angelelli, il Giordani aveva segnalato a G. il sacerdote professore Filippo Schiassi, che insegnava archeologia nell’Università di Bologna non trascurando tuttavia di coltivare anche le belle lettere. E il L.f nel medesimo giorno, invia all’uno e all’altro, insiome coi suoi versi, le duo lettore presenti. Ma se in quella all’Angelelli egli entra subito nella materia del dono, in questa allo Schiassi occupa i primi duo torzi in un lungo e cerimonioso preambolo, por venir solo nell’ultimo paragrafo a parlare umilmente dol dono. Dalla lett. 175 risulta che l’Angelelli, pur non avendo ricevute lo canzoni, dopo mezzo mese gli rispondeva; o dalla lett. 178, paragrafo 1°, sappiamo che anche lo Schiassi pochi giorni dopo rispose di aver ricevuto le canzoni e la breve lettera che Io accompagnava; quantunque si la lettera dell’Angelelli e si quella dello Schiassi ci manchino. Sappiamo inoltre, da un’altra breve lettera di G. allo Schiasùi, pur inedita, scrittagli nel ’25 da Bologna a Bologna, cho G. dovette colà conoscer di persona il professore bolognese, e stringere con lui una qualche relazione.