Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/271

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230 EPISTOLARIO mente che non ne gode il comune degl’Italiani, non posso fuorché pregarla che mi scusi in rispetto della sua benignità, ed anche voglia attribuire qualche parte della colpa a se medesima, perché io non avrei pensato a disturbarla se V. S. si fosse contentata di tanto merito quanto avesse potuto restare, non dico ignorato, ma senza quel grido che è penetrato ancora in questo mio romitaggio o piuttosto serraglio, dove mancano egualmente e i diletti della società civile, e i vantaggi della vita solitaria. Quanto spetta al libricciuolo che sarà con questa, V. S. dovrebbe giudicarmi poco perito dell’uso de’ vocaboli s’io lo chiamassi dono. Ma quantunque non sia dono, s’accerti che nemmeno è capitale dato ad usura, come sogliono dare i libri loro la maggior parte delle persone, esigendo, se non altro, che siano letti. Ora io so bene che non potrei chiedere a’ pari suoi cosa più grave che la lettura d’un mio scritto. Perciò non le domando se non ch’Ella si compiaccia di non rigettarlo, e di tenerlo piuttosto come segno di riverenza che d’ardire usato nell’offrirle cosa tanto spregevole. E l’obbligo mio crescerà infinitamente se insieme colla stampa V. S. non si sdegnerà d’accettare anche me per quello che già le sono da molto in poi col desiderio, e sarò per l’avvenire coll’effetto, quando Ella me lo consenta; io dico per suo devotissimo obbligatissimo servitore. 164. Di Francesco Cancellieri.1 Roma 20 Febbraio 1819. Veneratissimo Sig.>’ Conte. Il Dottor Giovanni Le.bus, a cui trasmisi le di Lei canzoni, mi scrive da Milano di essere stato il primo a presentarle al Cav.r Monti, il quale le ha gradite moltissimo, e volle che le leggesse nel crocchio del Sig.r Conte Porro, ove si trovaiono a pranzo Rosmini, Breislak, Tassoni, Caluppi, Poggiolini, ed altri, che le applaudirono al maggior segno, avendo ammirata la forza e l’efficacia di quello seriveri’ alto e sublime. E perciò mi ha commesso di farne con lei le più sincere congratulazioni, assicurandola che ha in lui da gran tempo un caldo ammiratore e panegirista. Fino a’ 17 del corrente mi avvisa che il Cav.r Monti non avea ancora ricevute le di Lei Canzoni. Onde se io non ne avessi spedita per la Posta quella copia, ancora non le avrebbe lette. Io non ho voluto defraudarla del piacére di queste notizie, sicuro che sarà per esserle molto grato il favorevole giudizio formatone da quegl’insigni letterati.2 Mi conservi la sua grazia, mi riverisca il degnissimo 1 Dall’autografo, nella Nazionale di Napoli. 2 Non ¡sfuggirà al lettore l’importanza di questa lettera per le notizie, non prima conosciute, che in essa si danno; le quali, contro quanto da taluno si era supposto circa il freddo accoglimento delle canzoni da parte del Monti, attestano invece, non meno della risposta seguente che il Monti fece a G., il gradimento e l’applauso che dal Monti e dal crocchio dei letterati milanesi quelle canzoni riscossero; ben diversi dall’accoglimento arcigno ed aspro fatto ad esse dal crocchio bolognese (cfr. lett. 204).