Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/35

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pas moin profité des vôtres oeuvres que de vôtre exemple. En effet il paroît dans la premiere1 des vôtre Tragedies un Monarque des Indies occidentelles, et un Monarque des Indies orientelles paroît dans la mienne. Un Prince Roîal est le principal acteur du second2 outre les vôtres Tragedies, et un Prince Roîal soutient de le même la partie plus interessant de la mienne. Une Trahison est particulierment l’objet de la troisieme,3 et elle est pareillement le but de

    della cui scorrettezza Giacomo, divenuto poi così franco ed elegante scrittore nel gallico idioma, avrà dovuto sorridere, è in parte scusabile col fatto che fino al 1906 nessuno sapeva della Virtù Indiana; il che emerse solo in quell’anno, dall’Indice pubblicato nel citato volume degli Scritti vari inediti. Ma null’altro si seppe più intorno ad essa; finché Alighiero Castelli, avendo trovato l’autografo, donato probabilmente da Paolina al sacerdote Emidio Galanti, precettore dei figli di Pierfrancesco, e poi conservato dalle pronipoti del Galanti medesimo, ne diede ampie notizie nella Rassegna italiana (vol. X. fasc. LV del dicembre ’22), promettendone la prossima pubblicazione. In vece di lui, s’accinse poi a pubblicarla Federico Gentili, come questi asseriva in nota a un suo articolo comparso nella Nuova Antologia (fasc. 1299 del 1° maggio 1926); ma neanche allora la pubblicazione ebbe luogo in detta rivista; non potendo dirsi pubblicazione la stampa eseguitane in un limitato numero di «estratti», ad uso esclusivo del Gentili. Tuttavia dalle notizie forniteci dal Castelli e dal Gentili (il quale ultimo diede anche la riproduzione fotografica di due pagine o tutta la Prefazione e l’Argomento), abbiamo un’idea compiuta del soggetto (che l’autore dice tratto dal Serse del Bettinelli) e dell’intreccio; e anche un giudizio auto-critico, con altre opportune spiegazioni. Tra queste è notevole la ragione per cui nella tragedia manca l’intervento di donne; affinché cioè essa fosse esente dal rimprovero fatto dal Voltaire alla Francia, che «il linguaggio puramente amoroso ha sempre disonorato il teatro francese»; dice il L. seguendo il Bettinelli; senza troppo badare né l’uno né l’altro che il Voltaire intendeva parlare dell’amore idillico o madrigalesco, vale a dire del piccolo amore borghese, in antitesi alla passione violenta e travolgente, la sola ch’egli riteneva confarsi alla tragedia. Questa fanciullesca esclusione, praticata da G. anche negl’interminabili racconti che improvvisava ai fratellini stando in letto con essi, di un elemento drammatico e narrativo ch’egli ancora non conosceva, dové derivare sia dall’imitazione delle tragedie paterne, e sia anche dalla severa educazione materna per la quale il ragazzo doveva essersi formato un concetto assai rigido della moralità dei costumi. — La tragedia, che è in un fascicolo di 57 pagine, dalla copertina adorna di un grazioso fregio a penna, come G. usava per dare appariscenza o bellezza a tutti i suoi «libretti», ha notevole importanza per chi intenda studiare la preparazione e lo sviluppo del genio leopardiano. Raffrontata col Pompeo, sebbene alcuni versi di essa vi si trovino riprodotti quasi eguali, si osserva in questa seconda già un sensibile progresso.

  1. Il Montezuma; 1799. Pubblicata in Roma (Salomoni, 1802) por le nozze del cognato Carlo Antici e Marianna Mattei, ai quali è dedicata.
  2. Il Convertito; 1800. Inedita.
  3. Il Traditore; 1803. Inedita. — Abbiamo dunque l’esplicita confessione di G. ch’egli, se anche trasse l’ispirazione dalla tragedia bettinelliana, compose la sua mediante la contaminazione delle tre paterne: il che non era stato rilevato.