Pagina:Leopardi - Epistolario, Le Monnier, 1934, I.djvu/36

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anni 1811-1812 - lettere 2-3 7


ma Tragedie. Si je sois bien, ou mal reussi en ce genre de poesie, ceci est cet, que vous devez juger. Contraire, ou favorable que soit le jugement, je serais toujours tres-umble Fils Jacques.


3. A D. Paolo Leopardi. - Casa.1

Recanati 28 Gennaio 1812.

Amico carissimo. Ricevo in questo momento il plico che voi m’inviate, accompagnato da una obbligantissima lettera. Essa è ben degna per la sua brevità di esser commendata da’ Lacedemoni, e dagli altri popoli della Grecia, i quali dovendo rispondere in lettera ad alcuna inchiesta non iscrivevano talvolta, che la semplice

  1. Dall’autografo, ch’è nella Biblioteca Labronica di Livorno. - Giacomo e i fratelli usavano scherzosamente chiamare Don Paolo la sorella Paolina, dal fatto che, portando ella di solito i capelli corti e una vesticciola scura assai vicina a un abito talare, nei giochi all’altarino, che spesso facevano insieme, era delegata a celebrare la massa. — Con la zia Ferdinanda, Paolina Leopardi (1800-1869) è forse l’altra sola donna che abbia ad un tempo compreso ed amato Giacomo; e ciò non soltanto per il vincolo del sangue, ma più ancora per l’affinità spirituale e sentimentale. Anche nel fisico Paolina somigliava a Giacomo: nata immaturamente, ebbe complessione piuttosto gracile; bassa di statura, di carnagione olivastra, riproduceva il fratello specie negli occhi e nel naso arcuato, e, purtroppo, anche nella gibbosità. Con tale fisico sgraziato, con un’intelligenza pronta o vivace, con una sensibilità quasi morbosa, non è maraviglia che anch’ella fosse, come il suo grande Giacomuccio, destinata alle delusioni e al dolore. Fece coi fratelli quasi gli stessi studi: lavoravano parecchie ore del giorno, sotto la disciplina del prete Sanchini, sedendo a quattro tavolini posti in fila, e voltandosi reciprocamente le spalle per non distrarsi. Compiuti gli studi, la giovinetta, che ormai toccava i vent’anni, si die’ a riempire le vuote ore delle sue giornate con la lettura di romanzi, soggiacendo alla malattia di quel tempo. I genitori compresero che la miglior cura di quella romantica malattia era un marito; e quindi, senza troppa fretta ed entusiasmo, cominciarono a pensare all’eventualità di questo matrimonio. Ma due fatti ne rendevano ardua l’esecuzione: l’appariscente bruttezza della povera fanciulla, e la poca dote che la famiglia poteva assegnarle. Di qui tutti i mancati matrimoni di lei; e non furono pochi, a cominciare da quello col Peroli nel ’21. Dopo il romanzesco matrimonio di Carlo con la cugina Mazzagalli, fatto clandestinamente e contro il divieto dei genitori, che causò l’uscita definitiva di lui dalla casa paterna, le occasioni e probabilità di nozze per Paolina si fecero sempre più scarse, finché non cessarono del tutto. Ciò non ostante, negli ultimi anni della sua vita, rimasta sola e padrona assoluta del patrimonio dalla madre magnificamente ricostituito, Paolina, cedendo alle lusinghe interessate di amiche ed amici, non ismise un ingenuo desiderio di poter piacere, unito a più ingenue velleità di galanteria civettuola, adornandosi di abiti dalle fogge e dai colori vistosi, punto convenienti al suo fisico e alla sua età. Si procurò da ultimo anche il diversivo dei viaggi; e memore delle lodi che Giacomo le aveva fatte del clima di Pisa nella stagione invernale, di salute cagionevole com’era, volle anche lei recarsi a svernare nel 1869 in quella città; dove, in séguito a una bronchite presasi in una gita a Firenze, morí nel marzo di quello stess’anno.