Vai al contenuto

Pagina:Leopardi - Operette morali, Chiarini, 1870.djvu/73

Da Wikisource.

DISCORSO.

21


lunga memoria: un minimo segretariuccio oggi più possente, e assai meno civile, dei re che furon buoni. Imperrochè sappiamo come il buon re Stanislao avendo con urbana scrittura impugnato una opinione di Giangiacomo Rousseau, non impedì nè si offese che il figliuolo dell'artigian ginevrino gli contrastasse arditamente: e con egregio pudore scusò il non proseguire la contesa, perchè sentiva troppo gagliardo e duro l'avversario. Ma nei medesimi tempi di quel re tanto civile e amabile tolerava Parigi nefando spettacolo d'inaudita caccia; un reale di Francia tirare coll'archibugio ai muratori lavoranti sui tetti; perchè lo giocondava il vederli così d'alto stramazzare. Feroce ugualmente, ma assai men vile Nerone, rissatore notturno per le strade e le taverne di Roma era dalla plebe bravamente percosso. In Parigi cadevano quelle anime plebee, sghignazzante la tigre borbonica; e disperatamente piangendo le mogli vedove e i figli orfani senza pane; cadevano non resistenti, non vendicate; cionsciò e dissimulante il re: e in sì numeroso gregge d'uomini quanti stallano in Parigi, non trovarsi neppure un braccio che all'osceno mostro gittasse almeno un sasso! Così vago di armeggiare, ma odiando le resistenze, questo combattitor prode fa segno a' suoi colpi le nazioni dolorate; e forse lo diletta il contemplare ne' turbati volti la sua nobil vittoria: ma non sopporta nè un moto nè una voce importuna