Pagina:Leopardi - Operette morali, Milano 1827.djvu/152

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O VERO DELLA GLORIA. * 1^3 filosofo a far questo o quel giudizio, affermare o negare questa o quella cosa, dubitar di tale o tal altra. Sicché quantunque intendano i suoi concetti, non intendono che sieno veri o probabili; non avendo, e non potendo fare, una quasi esperiènza della verità o della probabilità loro. Cosa poco diversa da quella che agli uomini naturalmente freddi accaA circa le immaginazioni e gli affetti espressi dai poeti. E ben sai che egli è comune al poeta e al filosofo T internarsi nel profondo degli anitni umani, e trarre in luce le loro intime qualità e varietà, gli andamenti, i moti e i successi occulti, le cause e gli effetti dell’une e degli altri:.nelle quali cose, quelli che non sono atti a sentire in se la corrispondenza de’ pensieri poetici al vero, non sentono anche, e non conoscono, quella dei filo-* soflei. Dalle dette cause nasce quello che veggiamo tutto dì, che molte opere egregie, ugualmente chiare ed intelligibfli a tutti, ciò non ostante,vad alcuni paiono contenere mille verità certissime ; ad altri, mille manifesti errori: onde elle sono impugnate, pubblicamente o privatamente; non solo per malignità o per interesse o per altre simili cagioni, ma eziandio per imbecillità di mente ^ e per incapacità di sentire e di comprendere la certezza dei loro prirìcipii, la rettitudine delle deduzioni e delle conclusioni, e generalmente la convenienza, l’efficacia e la verità dei loro discorsi. Spesse volte le più stupende opere filosofiche sono anche imputate di oscurità, non per colpa degli scrittori 9 ma