Pagina:Leopardi - Operette morali, Milano 1827.djvu/191

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8ia rrariTT MrrMoiUBiLi signore e il servo, «e noi compensiamo le (jualVlì’ del loro stato4 colle. assuefazioni e coi desidera loro, si trovano avere generalmente una stessa quantità di bene. Ma la natura non hi posto aV* cun termine ai nortn mali; e quasi la stesra Immaginatila ncn può fingere alcuna tanta calamità, che non sì venTichi di presente, o* già non sia stata verificata, o per ultimo non si possa veri.iciPe, iu qualcuno della nostra specie. Per tanto, laddove* la ma^T>or parte degir uorni u non hanno in verità che sperare* alcune aumento: della quantità di bene che po‘se ;gono; a n'uno mai nello spazio di questa vit£, può mancar materia non vana di' timore: e se la fortuna presto si r:duce in grado, clic ella veramente non ha virtù di beneficarci da: vantaggio, non perde però io alcun tempo la facoltà di offenderci con danni nuovi e tali da vin^ cere e rompere la stessa fermezza della disperazione. Kidevas* spesse Tolte di quei filosofi che stimai' Fono che 1* uomo sì possa sottrarre dalla. potestà della fortuna, di sprezzando e riputando come- al* trui tutti i beni e i mal che non è in sua propria mano il conseguire o evitare, 51 mantenere o liberarsene; e non riponendo la beatitudine e la in élreità, propria n altro, che in crjiel che di >ende totalmente da esso lui. Sopra la ‘quale op nione T tra le altre cose, diceva: lasciamo sitare che se anche u mai persona che cogl1 ri tri vìvesse da vere - e perfetto filosofo, nessuno vìsse nq v in tat modo seco roedesixuo* e che tanto è possibile ncn