Pagina:Leopardi - Operette morali, Milano 1827.djvu/22

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DEL GENERE UMANO. l3 alla terra quel nobilissimo genio, rimproverandogli cbe egli invidiasse alle sue proprie creature la utilità infinita che dalla presenza di quello riporterebbe no ; e insieme si rammaricavano seco lui della sorte umana, rinnovando le antiche e odiose querele della picciolezza e povertà delle cose loro, E perchè quelle speciosissime larve, principio di tanti beni alle età passate, ora si tenevano dalla maggior parte in poea stima; non ■ che già fossero note per quelle che veramente erano, ma la comune viltà dei pensieri e la ignavia dei costumi facevano che quasi niuno oggimai le seguiva; perciò gli uomini bestemmiando scelleratamente il maggior dono che gli eterni avessero fatto e potuto fare ai mortali, gridavano che la terra non era degnata se non dei minori geni ; ed ai superiori, ai quali la stirpe umana più con- decentemente s’ inchinerebbe, non essere degno uè lecito di porre il piede in questa infima parte dell’ universo. Molte cose avevano già da gran tempo alienata nuovamente dagli uomini la volontà di Giove ; e tra le altre gl’ incomparabili vizi e misfatti, i quali per numero e per tristezza si avevano di lunghissimo intervallo lasciate indietro le malvagità vendicate dal diluvio. Stomacavalo del tutto, dopo tante esperienze prese, la inquieta, insaziabile, immoderata natura umana; alla tranquillità della quale, non che alla felicità, vedeva oramai per certo, niun provvedimento condurre, niuno stato convenire> niun luogo essere bastante; perchè