Pagina:Leopardi - Operette morali, Milano 1827.djvu/246

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DI TIM ANDRO ED ELT&/.NDHO. n3>- sera eli acquistar fama dalla misantropìa, come Timone: desiderio abbominevole in se, alieno poi snecialmente da questo secolo, dedito sopra tutto alla filantropia» ele. Dell’ambiz: ^ne non accade che io vi risponda; perché • ho ~ià detto che non desidero niente dagli uomini: e se questo non vi par credibile, benché sia vero; almeno dovete credere che r ambizione non mi muova a scriver- cose che oggi, come voi stesso affermate, partoriscono vituperio e non lode a chi le scrive. Dall’odio poi verso tutta la nostra specie, souo così lontano, che non solamente non voglio, ma non posso anche odiare quelli che mi offendono particolarmente.; anzi sono del tutto inabile e impenefcrabiile all’odio. Il che non è piccola parte della mia tanta inetti! udr ne a praticare nel mondo. 3 la io non me ne posso emendare: perchè sempre penso che comunemente, chiunque si persuade, con far dispiacere o danno a chicchessia, far comodo o piacere a se roprio ; s induce ad offendere ; non per far male ad altri (chè questo non è propriamente il fino di nessun atto o pensiero possibile), ma per far bone a se; il qual desiderio è naturale, e non merita odio» Oltre che ad ogni vizio o colpa che io veggo in altru , prima di sdegnarmene, mi volgo a esaminare me stesso, presupponendo in me i casi antecedenti e le circostanze couvenevol • r a quel proposito; e trovandomi sempre o macchiato o capace degli stess ò ifetti , non mi basta ranimo d’irritarmene. Riserbo sempre 1 adirarmi &