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114 ii . paralipomeni della batracomiomachia

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     Né Roma pur, ma col mental suo lume
Italia inerme, e con la sua dottrina,
vinse poi la barbarie, e in bel costume
un’altra volta ritornò regina;
e del goffo stranier, ch’oggi presume
lei dispregiar, come la sorte inchina,
rise gran tempo, ed infelici esigli
l’altre sedi parer vide a’ suoi figli.
29
     Senton gli estrani ogni memoria un nulla
esser a quelle ond’è l’Italia erede;
sentono ogni lor patria esser fanciulla
verso colei ch’ogni grandezza eccede;
e veggon ben che, se strozzate in culla
non fosser quante doti il ciel concede,
se fosse Italia ancor per poco sciolta,
regina torneria la terza volta.
30
     Indi l’odio implacato, indi la rabbia,
e l’ironico riso ond’altri offende
lei che fra ceppi, assisa in sulla sabbia,
con lingua né con man piú si difende.
E chi maggior pietà mostra che n’abbia,
e di speme fra noi gl’ignari accende,
prima il Giudeo tornar vorrebbe in vita
che all’italico onor prestare aita.
31
     Di Roma là sotto l’eccelse moli,
Pigmeo, la fronte spensierata alzando,
percote i monumenti al mondo soli
con sua verghetta, il corpo dondolando;
e con suoi motti par che si consoli,
la rimembranza del servir cacciando.
Ed è ragion ch’a una grandezza tale
l’inimicizia altrui segua immortale.