Pagina:Leopardi - Paralipomeni della Batracomiomachia, Laterza, 1921.djvu/80

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69 i - versi

     Ahi ahi! chi l’avria detto? appena il credo:
quel ch’io la notte e ’l di pregar soleva
e sospirar, m’è dato, e morte chiedo.
     25Quanto sperar, quanto gioir mi leva
e spegne un punto sol! com’egli è scuro
questo dí che sí vago io mi fingeva!
     Amore, io ti credetti assai men duro
allor che desiai quel che m’ha fatto
30miser fra quanti mai saranno o fûro.
     Già t’ebbi in seno; ed in error m’ha tratto
la rimembranza: indarno oggi mi pento,
e meco indarno e teco, amor, combatto.
     Ma lieve a comportar quello ch’io sento
35fôra; sol ch’anco un poco io di quel volto
dissetar mi potessi a mio talento.
     Ora il piú rivederla oggi m’è tolto;
ella si parte; e m’ha per sempre un giorno
in miseria amarissima sepolto.
     40Intanto io grido, e qui vagando intorno,
invan la pioggia invoco e la tempesta
acciò che la ritenga al mio soggiorno.
     Pure il vento muggia ne la foresta,
e muggia tra le nubi il tuono errante,
45in sul dí, poi che l’alba erasi desta.
     O care nubi, o cielo, o terra, o piante,
parte la donna mia; pietà, se trova
pietate al mondo un infelice amante.
     Or prorompi, o procella; or fate prova
50di sommergermi, o nembi, insino a tanto
che ’l sole ad altre terre il dí rinnova.
     S’apre il ciel, cade il soffio, in ogni canto
posan l’erbe e le frondi, e m’abbarbaglia
le luci il crudo sol pregne di pianto.
     55Io veggio ben ch’a quel che mi travaglia
nessuno ha cura; io veggio che negletto,
ignoto, il mio dolor mi fiede e taglia.