Pagina:Leopardi - Puerili e abbozzi vari, Laterza, 1924.djvu/250

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244 II -VERSI FRAMMENTI E ABBOZZI II INNO AI PATRIARCHI O de’ PRINCIPI! DEL GENERE UMANO (1822) E voi, primi parenti di prole sfortunatissima, avrete il mio carme; voi molto meno infelici. Perocché alla pietà del Creatore certamente non piacque che la morte fosse all’uomo assai migliore della vita, 0 che la condizione della vita nostra fosse tanto peggior di quella di ciascuno degli animali e degli altri esseri che ci sottomise in questa terra. E sebbene la fama ricorda un antico vostro fallo, cagione delle nostre calamità, pur la clemenza divina non vi tolse che la vita non fosse un bene ; e maggiori assai furono i falli de’ vostri nepoti, e i falli nostri che ci ridussero in quest’ultimo termine d’infelicità. Ad Adamo. Tu primo contempli la purpurea luce del sole, e la vòlta dei cieli, e le bellezze di questa terra. Descrizione dello stato di solitudine in cui si trovava allora il mondo, non abitato per anche dagli uomini, e solamente da pochi animali. Il torrente scendeva inudito dalla sua rupe, ed empieva le valli d’un suono che nessun orecchio riceveva. L’eco non lo ripeteva che al vento. L’erbe de’ prati erano intatte da’ piedi de’ viventi: le frutta pendevano senza che la loro vista allettasse alcuno a cibarsene, e, immagine della futura nostra caducità, si rotolavano, già mature, appiè dell’albero che le aveva prodotte. Le foglie stormivano, ecc. ecc., i fonti, ecc. ecc. Il tuono non atterriva, ecc. il lampo, la pioggia, ecc. Si procuri di destare un’idea vasta e infinita di questa solitudine, simile a quella eh’ io concepiva scrivendo P Inno a Nettuno, e descrivendo la scesa di Rea nella terra inabitata per darvi alla luce quel dio. Quante sventure, o misero padre, quanti casi infelicissimi, quante vicende, quanti affanni, quante colpe aspettavano la tua sventurata progenie! Che orribile e dolorosa storia incominci! Tu non credi che quegli altri progenitori, ai quali imponi i loro nomi, debbano essere tanto più fortunati nella loro prole ; che i tuoi figli debbano invidiare alla vita delle mute piante, de’ tronchi inerti, ecc.