Pagina:Lettere (Andreini).djvu/107

Da Wikisource.

LETTERE

glio, & opportuno aiuto; siche potete intendermi. Non mi scrivete più, che non vi risponderò, non credo à vostre favole. Voi dite, che volete morir, senza la gratia mia; troppo gran perdita farebbe il mondo, se ciò seguisse; ma sò, che non seguirà. Voi altri gioveni dite sempre di voler morire; ma sicome facilmente il dite, così ancora facilmente il vi scordate, attesoche non confermate mai con l’animo quello, che dite con la lingua.


Del Pensiero.


P

Erch’io dissi l’altr’hieri, che voi siete il mio bene, meco sì fieramente vi mostrate sdegnata? Volete forse, ch’io menta chiamandovi mio male? sò pur, che i mentitori son’odiati da voi. Io v’hò chiamata mio bene, e con ragione, perche noi diciamo quello esser nostro bene particolare, che a noi conviene, e quello à noi conviene, che habbiamo, o stimiamo di poter havere; perche nè la Natura, nè la Ragione si propongono mai fine, che non possano, o non credano d’ottenere. Hora volendo e la Natura, e la Ragione, e l’amor mio, e la mia fede, e la mia servitù, ch’io speri, anzi pur, ch’io tenga per fermo d’ottenervi, perche non hò da chiamarvi mio bene? vorreste forse per così fatto mezo licentiarmi dall’amor vostro? o negarmi il premio dovuto per la mia lunga servitù? o vietare al pensier mio, che di voi non pensi? vorrete poter voi quello, ch’io stesso non potrei


volendo?