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D’ISABELLA ANDREINI. 42

volendo? io per me non potrei, benche i’ volessi, vietare al mio pensiero, che non pensasse continuamente di voi, e che non portasse à voglia sua la bella imagine vostra nel cuor mio, avvenga ch’egli in virtù de i raggi di lei v’entrerebbe per forza, nè sarebbe in me spirito tanto ardito, che osasse di chiuderli contra le porte del mio seno, godendo il cuore d’havervi in se raccolta vorrebbe, che ogn’un tacesse, e più tosto consentirebbe al mio morire, che far difesa. Io v’amo dunque, e v’assicuro, che tanto fuoco è in me, quanta bellezza è ’n voi, e così non manchi fede, alla mia fede, com’io sò di dir il vero, e prima gli anni del viver mio, giungeranno al lor fine, ch’io coi passi del Tempo, m’allontani dal sentiero del vostro amore, v’amerò fin ch’io viva, & amandovi, non rimarrò di sperare, che siate mia, e giustamente, perche quella speranza è giusta in noi, che nasce dal nostro merito. Io sò, che per amarvi fedelmente vi merito più d’ogn’altro; dunque la mia speranza è giusta, nè crediate di levarlami di mano, che non vi gioverà l’andar trovando inventioni, per raffredar le mie fiamme, compiacendovi così d’agghiacciar, con la crudeltà quelli che sono accesi, come d’arder con la bellezza quelli che son gelati. Se foste Argo al ferirmi, perche esser Talpa al sanarmi? hora, che s’avvicina il tempo prescritto al premio del mio lungo, e fedel servire, per non concederlo, vi fingete (ingrata) occasione di sdegno? deh nò, deh nò di gratia: Per pietà consentite, ch’io v’ami, e ch’io vi serva, se per mia disaventura non mi


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