Pagina:Lettere (Andreini).djvu/111

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LETTERE

nosciuto, e se pur è conosciuto, la conoscenza è di nemico, e non di Signore. Io dico di nemico, perche voi essendovi dichiarata nemica d’Amore, tale mi son dichiarato anch’io perche chi daddovero ama, dee esser nemico de i nemici della persona amata, tuttoche non sieno suoi nemici. Io son vostro Signora mia, & è vano lo sperare, che la vostra crudeltà mi vieti il morir vostro servo, perch’io non hò nè volontà, nè potestà di farlo. Non m’affaticherò, con parole, per rendervi di ciò sicura, parendomi, che l’acutissimo raggio de gli occhi vostri, penetri à bastanza ne i riposti segreti dell’anima mia; se dunque voi conoscete ogni mio chiuso pensiero, e che senza speranza d’altro guiderdone, che di sospiri fedelmente vi servo, almeno fingete di compassionar lo stato mio, e d’haver pietà di tante mie pene, che, se tanto impetro, non fia mai, ch’io vi chieda cosa maggiore, conoscend’io, che sarebbe temerità il pensarci non ch’altro. Siami pur conceduto il languire in così bella miseria, ch’io per me son sicurissimo di trovarvi dentro ogni sorte d’amorosa felicità, à cui niuna ingiuria (ma che dico ingiuria?) la disperatione istessa, non potrà mai far offessa. Hora di qui comprendete quanto sia grande l’amor mio, poiche la disperatione medesima, non può scemar quei tormentosi contenti, che dall’amarvi ricevo; e veramente à me pare, che colui, che amando è consolato dalla speranza, non ami rispetto à me, che senza conforto alcuno di speranza, non rimango d’amarvi, anzi quanto più son disperato, tanto più son costante. Dell’herbe, che nascono per le campagne


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