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D’ISABELLA ANDREINI. 67

la mia costanza vi spiace; ma io protesto al tribunal d’Amore, che di questo io non ho colpa alcuna, perch’io sono sforzato ad amarvi, à servirvi, & à sopportar prontissimo tutto quel, ch’è possibile di sopportar amando. Quel dispiacer, e quella noia, che per la mia fermezza sentite, non ascrivete à me; ma à quella forza, che mi sforza ad amarvi. Io per me conosco, che in virtù, di quei begli occhi, che m’han rapita l’anima, e ’n dispetto di quanti affanni io sostengo, colpa di fortuna contraria, mi convien amarvi e vivo, e morto. Il vostro orgoglio, la vostr’asprezza, e ’l vostro rigore serviranno per riparo al cuor mio, sich’altra imagine non vi si possa per alcun tempo imprimere. Sò bene, che vi dispiacerà infinitamente l’intender questo, essendo d’animo tanto indurato, e tanto fiero, che non vi si può far maggior offesa, che annuntiarvi un’amor eterno; ma disponetevi di sopportar l’amor mio con patienza, essendo forza, ch’io v’ami, fin ch’avrò vita, e poi ch’io sarò morto qual Fenice rinascerò dal freddo cener mio, per amarvi di nuovo.


Del Desiderio.


D

Iscacciate Signora mia dal vostro cuore quella ritrosità, che contr’Amore così fiera, e così ostinata vi rende, e non crediate, che una bella, e gratiosa Donna, possa in terra provar alcuna sorte di piacere, essendo d’Amor nemica. Non gio-


va