Pagina:Lettere (Andreini).djvu/157

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LETTERE

Del Pensiero.


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OICHE per maggior mio male m’è tolto il potervi dire di qual fuoco avampi questo mio cuore, e da qual ferro sia trafitta l’anima mia, piacciavi almeno di leggerlo nella mia pallida fronte, e ne’ miei dolenti occhi; e se non m’è dato in sorte d’impetrar sì giusta gratia, io prego Amore da me sì lealmente, e sì lungamente servito, che discacci da me quell’affanno, che misero mi consuma. O potentissimo Amore humilmente io ti prego, o che facci men’ardente l’infuocato mio desiderio, o che tempri il mio dolore, sì ch’io possa soffrirlo, o insegnami à sopportare così fieri martiri, o fa Madonna pietosa del mio male; ma (lasso me) ch’è quel, ch’io dico? posso più facilmente sperare, che si faccia (e pur è impossibile) pietoso l’inferno, che voi crudelissima, non donna: ma fera. Ohime non v’accorgete, che ’l mio cuor è troppo picciolo, per un dolor così grande? non conoscete, che tosto rimarrò da voi ucciso, se continuate à tormentarmi, essendoche una estrema passione, non può durar molto. O interdetta speranza, ò desio troppo al mio mal pronto, ò disegni fondati nell’aria, ò violenza d’Amore, ò fiera, & ostinata voglia della mia donna à qual miserabil termine m’havete condotto? Ben m’avveggo ò più d’ogn’altra ingrata, che la mia fede, l’amor mio, e la mia lealtà v’annoiano, e che


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