Pagina:Lettere (Andreini).djvu/301

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LETTERE

vo d’hora in hora più contento, perche ’l pensiero delle cose incerte non mi turba. Io non mi curo di cibar il cuor mio d’una speranza vana. Un favore, o un disfavor d’un Signore non è cagione, che per allegrezza impazzi, o per dolore mi crucij. Perche pensate voi, che fosse tanto felice l’età dell’oro? certo non per altro se non perch’ella era lontana dalla speranza, e dal timore: ma benche questo sia secolo di ferro, chi toglie à noi, che nol facciam d’oro? ogniun per se stesso può farlo. Il viver fà l’età, e non l’età il vivere. Non vive nell’aureo tempo quegli, che lontano da tutte le vane speranze, da tutti i superbi fasti, da tutte le ansiose fatiche, non ha occasione di maledir la sua mal impiegata gioventù, quando fatto di biondo canuto, si vede per premio di lunga e insopportabil servitù, un gran presente di ventose parole. Questi non s’adira contra ’l Cielo, e non bestemmia il Mare quando l’uno pieno di nubi, e l’altro carico di procelle si mostra. Egli passando la notte à lunghi sonni lascia, che lo spirito à suo piacere scherzi co’ piacevoli sogni, questi non cura di negar la sua volontà per mascherarla con l’altrui voglia, ha sempre nella lingua quello, che chiude nel cuore, non macchia mai il candor della sua pura fede, non importuna gli Principi (il protesto è fatto) con le continue suppiche, poscia che di sua sorte contento egli stesso è fatto à se medesimo Principe, Corte, Paggio, Segretario, Mastro di casa, Maggiordomo, Coppiere, Scalco, Bottigliere, Credenziere, Staffier, e ’n somma ogni suo servo, ogni suo favore, & ogni sua speran-


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