Pagina:Lettere (Andreini).djvu/302

Da Wikisource.

D’ISABELLA ANDREINI. 139

za, certo, e sicuro, che niun Corteggiano sia per ottener maggior gratia di lui, che niun’altro per invidia non potrà renderlo dispettoso al Signore, sì ch’egli sia disacciato dalla servitù, onde l’infelice dopò la perdita di molt’anni perda ancora la speranza. Desiderato flagello delle Corti. Io per me ringratio continuamente il Cielo, che m’habbia ridotto à questa bramata quiete, nellaqual vivo con tanta tranquillità, ch’io non saprei desiderar dalle stesse sorte migliore; poiche da me sbanditi i molesti pensieri de’ cuori ambitiosi, dopò i dilettevoli, e modesti piaceri del giorno me ne ritorno la sera à casa, nellaqual meco chiudo tutti i miei contenti, e tutte le mie grandezze, e tutte le mie speranze. Quand’io dormo dormono meco, e meco riposano tutti gli spiriti miei, nè mai crudo sogno di vedermi da qualche grandezza precipitato con dolore, e con ispavento mi sveglia, sol mi desto alla nuova luce, con la quale men’ vò à goder l’aure del fresco mattino, al mezo giorno stommi diportando all’ombra, e quand’è freddo, tempro il rigor del Verno al caldo del mio proprio fuoco. S’io non hò per albergo un superbo palazzo, s’io non veggo in esso travi dorate, e se in lui non miro della vaga Pittura i diversi colori, basta à me di veder poi vari, e gratiosi colori della ridente Primavera, vero tesoro de’ prati, e mi basta veder l’oro pretioso, che la benigna Cerere sparge ne’ miei fertili campi, alla cui vista allegrasi le gratiose e leggiadre Pastorelle, ch’altro non fanno, che danzare, cantar, e correre, lasciando che nelle


gran-