Pagina:Lettere (Andreini).djvu/322

Da Wikisource.

D’ISABELLA ANDREINI. 149

sioni non le direte ad altra che à me, se per timore non lascierete l’impresa, se vi chiamarete ne’ martiri contento, com’è proprio del vero amante, vi giuro Signor mio, che non altro che voi mi diverrà compagno della vita, e del letto: e bench’io non meriti, che voi tanto serviate, e tanto amiate per divenirmi marito, essendoche per la vostra nobiltà, e per la vostra virtù meritate maggior donna di me, vi prego nondimeno à contentarvi di far quant’io vi scrivo, accioche si conosca, che voi havrete saputo amare, & io havrò saputo eleggere.


Dell’astutia delle donne.


A

Che sostener tante fattiche, à che formar del cuore un’albergo à gli affanni, à che nudrir nella mente tanti noiosi pensieri portando mesto le ciglia, pallido la guancia, e ’ncenerito la fronte: A che haver per dolorosa compagnia, non meno il giorno, che la notte sospiri, tormenti, lagrime, singulti, querele, e strida. A che finalmente desiderar la morte per disperato rimedio d’intolerabil male, quando voi altre crudelissime donne d’altro non godete, che delle nostre avversità, pigliandovi piacere di rider delle nostre pene, e di burlarvi non meno delle parole, che delle attioni di chi vi serve, e di chi v’ama: e che sia vero. S’altri


Pp          con