Pagina:Lettere (Andreini).djvu/329

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LETTERE

car quant’erri colei, che spezza un fido, e leal amatore, ch’io allhora senza doglia, senza paura, e senza danno, ridendomi del vostro vano, e tardo pentimento prenderò i vostri sospiri, e le vostre lagrime, per fortunata ricompensa del tormento mio, e per giusta punitione della fierezza vostra.


Delle lodi della donna amata.


E’

Mi pare, che i timidi amanti dovrebbon’esser discacciati dall’Imperio d’Amore. Colui, che non hà animo d’intraprender una difficile, e gloriosa impresa, come potrà sperarne la bramata, e lodevol vittoria? Io non dirò, che non ardisco di scuoprirvi l’amor mio, dirò ben liberamente, ch’io v’amo, e che d’amarvi hò grandissima ragione: perche chi non hà mai veduto quand’è serena la notte fiammeggiar nell’azurro del Cielo, due scintillanti stelle, miri quelle risplendenti luci folgorar nell’angusto Cielo della tranquilla vostra fronte, che allhora potrà vantarsi di saper quanto possono le stelle in noi. Chi non hà mai veduti i chiari, e biondi raggi del Sole, quando ne’ giorni estivi giunto al meriggio vibra infuocate saette s’affisi nell’oro delle vostre polite chiome quando per venir in contesa col medesimo Sole, fate nel mezo del suo più chiaro lume così pomposa


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