Pagina:Lettere (Andreini).djvu/54

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D’ISABELLA ANDREINI. 15

pudicitia non è proprio. A scrivervi solamente questa lettera, fò assai più di quello, che mi si conviene. Considerate, ch’io non son quella, che vi concede (come dite) poco: ma, che siete voi quegli, che desidera troppo: & è proprio di colui, che non si contenta del poco, il non haver mai tanto, che li paia à bastanza: ma la vostra insatiabilità farà sì, che interverrà à voi, come à quell’occhio ingordo, che volendo troppo affissarsi nella luce del Sole, per meglio vederla, non sol non la vede, e non la gode: ma ne rimane abbagliato, e quasi cieco. Non vi pare, che honesta donna habbia pur troppo conceduto ad un’amante, mentre s’è contentata d’accettar sue lettere? considerate, considerate, che la mia crudeltà (per dir come voi dite) vi da occasione degnissima di mostrar la prudenza, e la fortezza dell’animo vostro, vincendo voi medesimo. Lasciate la vana impresa, nella quale pazzamente siete entrato, non mi porgete più preghi, perche quanto più mi pregherete, tanto più mi farò sorda, ricordandomi, che chi hà la lingua pronta à i preghi, hà ’l cuore apparecchiato à gli inganni. Ditemi per vita vostra, chi poteva pregare, con più lusinghiero affetto, di quello, che mostrò Teseo crudele, verso la troppo credula Arianna? e pur la tradì, partendosi con Fedra, sua infedel sorella, lasciandola nel più tranquillo sonno, sopra lo sterilissimo scoglio, in preda à i Mostri della Terra, e del Mare, chi poteva, con più soavi, e con più affettuose parole mostrar l’eloquenza d’una appassionata lingua, di quello, che fece Giasone, con


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