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D’ISABELLA ANDREINI. 36

d’altrui, e sopragiunti dalla morte con grandissimo dolore son astretti a lasciargli senza sapere chi l’habbia d’haverne protettione. Io poi come marito sò quello, che mi si conviene. Non così tosto l’havrò condotta à casa, ch’io lascierò tutte le altre pratiche tenute per l’addietro, accioche mentre, ch’io fossi intento altrove altri non si riparasse, o dal caldo, o dal freddo sotto ’l mio tetto. La mia donna haverà ornamenti, che potranno star al pari delle sue pari. Io l’accarezzarò, l’amerò con quell’istesso affetto, che mi sarà caro esser amato da lei, mi compiacerò di quello, ch’ella farà in mio servitio, e loderollo. S’ella errerà alcuna volta la riprenderò piacevolmente, e mi basterà il darle per punitione un rossor di lodata vergogna, perche con le riprensioni piene d’amore, si fà molto meglio che con l’ira; e con le grida. Il mio pensiero sarà sempre d’haver preso in casa una compagna, e non una serva, e procurerò di sodisfarla in tutte le sue honeste dimande per conservarmela amica il più che sia possibile. Non mostrerò diffidenza di lei, nè vorrò meno, ch’ella faccia tutto quello, che le piacerà, senza ch’io ’l sappia, che non mi par dovere. Non lascierò, ch’ella pratichi con persone di cattivo nome, o di cattivi costumi. Non le vieterò l’andar ne’ dovuti tempi à ricreationi, e ’n somma farò sì, ch’ella mi conoscerà per marito cortese, e la cortesia non sarà di pregiuditio al mio honore. Vi bacio le mani, e v’invito alle mie nozze.


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