Pagina:Letturecommediagelli.djvu/33

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della crusca xxix

parvero opportune; e di queste non ho altro a dire. La seconda è di correzioni che feci in pochi luoghi dove il testo mi sembrò manifestamente guasto. Diedi in quei luoghi il testo corretto, ma volli che il lettore fosse informato del mutamento, e potesse darne giudizio; al qual fine non ho mai tralasciato di mettere in nota il testo delle edizioni precedenti o del manoscritto; come pure ho messo in nota la diversa lezione che talvolta s’incontra nelle diverse stampe. Più importante è la terza specie delle postille. Tutti sanno, molti essere i passi del poema di Dante, i quali sono scritti diversamente nei diversi suoi codici, e nelle diverse sue impressioni. E lo studio di così fatte varianti, e il paragonarlo tra loro, e il farne la scelta con discernimento critico, è uno de’ principali uffizii della letteratura Dantesca; e forse è oggidì il principalissimo. Imperocchè prima di ricercare che cosa Dante abbia voluto intendere, e qual sia il senso letterale o recondito de’ suoi versi, bisogna sapere con certezza che cosa egli abbia veramente scritto. Ma questa varietà di lezioni non solo è da riscontrarsi nei testi a penna e negli stampati, ma è pure da indagarsi nei commenti, e specialmente nei più antichi; i cui autori hanno avuto o potuto avere presenti uno o più esemplari della Commedia, non conosciuti da noi. Onde Carlo Witte nella dotta prefazione che fece al poema di Dante, da lui ricorretto, e pubblicato nel 1862 coi tipi di Rodolfo Decker a Berlino, raccomandò ai futuri editori lo spoglio e il raffronto de’ commenti antichi; impresa, che a parer suo non sarà di piccolo profitto, e ch’egli immerso in altre cure, lasciò poco o meno che intatta. E tra questi commenti nominò in modo particolare le lezioni del Gelli; delle quali io aggiungerò ch’è da farsi tanto maggior caso, in quanto esso Gelli nella terza lezione della sua settima Lettura dice che della Divina Commedia