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18 giornale dell’ingegnere
più forte e violenta quanto maggiore è la diversità di temperatura fra l’aria esterna e le cave. Il più alto assorbe l’aria fredda dell’atmosfera congelando talvolta l’aqua che scola lungo le pareti, ed il più basso emette l’aria calda ed umida delle gallerie con una specie di denso fumo, cosicchè nel cuor dell’inverno si chiude possibilmente la comunicazione dei due pozzi con delle porte onde impedire che si spengano i lucignoli, si degradino troppo prestamente le gallerie, e soffrano troppo freddo gli operaj che stanno vicini allo sbocco delle gallerie nel pozzo assorbente. Il principale nemico però di queste escavazioni è l’aria mefitica che si sviluppa da quel processo di fermentazione che ancora continua lentamente nelle materie combustibili, e che emettendo una quantità d’acido carbonico e di azoto, ed assorbendo quel poco di ossigeno che si trova nell’ambiente riesce per sua natura irrespirabile. Finchè la temperatura esterna è assai più fredda dell’interna, la differenza di densità dell’aria richiamando nelle sotteranee gallerie, come vedemmo, dell’aria esteriore, promuove una corrente che basta ad alimentare la respirazione degli uomini e l’accensione dei lucignoli, almeno fino ad una certa distanza della bocca dei pozzi, maggiore se il buco discende, e minore se si trova in ascesa. Ma quando coll’avvicinarsi della stagione estiva, massime nelle giornate nuvolose, la differenza fra le due temperature non è molto sensibile, cessa affatto quella corrente d’aria, ed è duopo abbandonare i lavori, dapprima nelle sole ore meridiane, e coll’aumentare del caldo dell’atmosfera anche nelle più fresche dopo mezzanotte. Sicchè per quattro buoni mesi dell’anno bisogna sospendere i lavori sotterranei, non essendo pervenuti ancora a vincere l’aria asfissiante con mezzi artificiali. Ho accennato alla canna di cammino o d’appello lasciata di fianco ad uno dei pozzi. Questa terminava superiormente sotto la griglia di un focolare che alimentavasi con legna minuta, che dava molta fiamma, e che terminava in un alto fumajuolo, e da basso venne protratto un tubo di legno impeciato per entro la galleria maestra fin contro il sito dei lavori. Il suo effetto fu di qualche vantaggio nel primo anno
quando poche e poco profonde erano le gallerie, e quindi minore lo spazio da espurgare, ma riescì pressochè nullo, nel secondo anno, e fu abbandonato. Cosicchè nell’estate si procede coi pochi lavoratori che non si distaccano dalla miniera per attendere ai lavori campestri, a coltivare qualche cavo a giorno che si va discoprendo a grande spesa prossimo alla superficie del suolo presso l’estremità del bacino.

Ai filandieri, ai fabbricatori e tintori di panno, ed agli altri stabilimenti industriali della provincia Bergamasca che consumano sei buoni settimi del nostro combustibile, lo si suole spedire verde, vale a dire appena estratto dalle cave. Il vantaggio che ad essi ne deriva dall’avere pezzi grossi che essi riducono poi alle dimensioni convenienti ed adattate ai loro fornelli, e dalle minori perdite nel carico e scarico e lungo il viaggio, compensa loro abbondantemente ed il magazzinaggio e la maggiore spesa di trasporto dipendente dal materiale in causa della molta umidità che ancora contiene. I consumatori lontani però, quelli della città e provincia Milanese, quei del Cremonese e del Bresciano che ne fanno un discreto consumo, il quale va annualmente aumentandosi, lo rilevano più volontieri stagionato, poichè per essi la spesa del trasporto diventa un elemento riflessibile che giunge ad equiparar talvolta quello del valore del fossile alla cava. Molti consumatori d’altronde, benchè vicini, sia perchè mancanti di comodità di portici dove raccoglierla al coperto, sia perchè ne hanno mal calcolata la quantità a loro occorrente all’atto della commissione, sia per cresciuti impegni di filatura, lo ricercano stagionato per poterlo adoperare subito. Si calcola ad un ottavo circa del totale il combustibile che si vende stagionato, richiedendosi per una buona stagionatura un anno intero di tempo. A tale uopo si costruiscono dei grandi porticati della larghezza di circa nove metri, chiusi da ogni lato di robuste griglie onde il sole ed i venti non operino l’essiccamento con troppa rapidità, il che nuocerebbe assai al fossile, sfogliandolo e rendendolo quindi friabile con grave perdita in frantumi e polvere. Sotto queste grandi tettoje si formano tante cataste di quattro metri per circa due di base nel-